Non è una chiamata alle armi come qualcuno potrebbe pensare alla vigilia delle europee. “Titanic-come Renzi ha affondato la sinistra” scritto da Chiara Geloni per Edizioni PaperFIRST è il racconto di una fetta della storia politica italiana, caratterizzata, come rivela a Impaginato.it l'ex direttrice di YouDem, dal tentativo di spezzare radici e legami.
Il risultato secondo la giornalista, all'indomani della stagione renziana, è aver interrotto il filo di un bagaglio che, piaccia o meno, fa parte della storia passata, presente e futura del Partito Democratico. Oggi, però, per utilizzare le pagine di Titanic verso una nuova prospettiva piddina, Geloni invita la sua area di riferimento a immaginare un modo per sbloccare l'attuale impasse parlamentare.
Perché Titanic? Chi voleva affondare il Pd?
Ho sempre pensato che Titanic (pezzo pubblicato da Francesco De Gregori nel 1982 ndr.) fosse una canzone infinita, che custodisce al suo interno davvero tutto: la metafora, la poesia, il rapporto tra parole e musica. Non ci si stanca mai di scoprirla insomma. E'la ragione per cui ho scelto di scrivere questo libro usando quel paradigna, perfetto per dire tante cose, compresa questa che è di fatto la storia di un naufragio.
Perché la rottamazione ha finito poi per creare una spaccatura tra base e guida?
Intanto perché la rottamazione è stata una truffa, un'invenzione bugiarda: non è mai stato un problema di età, ma di un gruppo di potere che voleva scalzarne un altro con un artificio retorico facile e popolare: quello dell'immagine di una nuova generazione desiderosa di eliminare una vecchia generazione accusata di essere attaccata alle poltrone. Questo non era vero.
Cosa è accaduto allora?
Il Pd, che aveva moltissimi problemi che non ho celato nel libro, non aveva tra le sue difficoltà quella di non riuscire a rinnovare le classi dirigenti. Durante la segreteria Bersani sono cresciuti molti dirigenti nuovi e lo stesso segretario non aveva l'intenzione di abbarbicarsi ad alcuna poltrona. Tanto è vero che il nuovo gruppo che vinse la cosiddetta sfida interna non ha poi assolutamente rottamato coloro che si sottomettevano. Infatti nel Pd sono rimasti protagonisti soggetti che avevano una storia ben lunga, spesso più lunga di coloro che Renzi aveva dichiarato di voler rottamare. Anche nelle filiere locali sono rimasti in sella gli stessi attori.
Dove e quando si è incrinato il rapporto con giovani (che poi hanno votato M5s) e meno giovani (che hanno scelto l'astensionismo)?
Non credo ci sia stato solo un punto di rottura. Per la sinistra questa comunque credo sia una stagione in salita e lo sarebbe stata con qualunque classe dirigente, non solo in Italia, perché la destra sovranista è in grande spolvero. Ciò che da noi è stato diverso è l'aver voluto rottamare la continuità di storia e di valori, disprezzandoli; aver dipinto tutta la sinistra come un susseguirsi di fallimenti e sconfitte, con un mondo popolato solo di macchiette. Alla fine il Pd ha adottato la stessa narrazione dei suoi aversari, scagliandosi contro i comunisti e i rossi così come faceva Forza Italia con una superficialissima verniciatura di retorica accattivante. Sotto c'era un voler ammainare tutte le bandiere, snaturando gli strumenti della sinistra per rappresentare se stessa e parlare al suo popolo.
Con quale conseguenza?
Aver rotto il filo con le radici, che non servono solo per parlare ai vecchi ma per interessare i giovani come dimostra il senatore Sanders negli Usa, che è seguito da moltissimi ragazzi desiderosi di leggere una storia di legami e punti di partenza. Il Pd invece si è ritrovato orfano di tutto ciò. Diciamoci la verità: davvero è sufficiente dire ad un giovane che esiste un gruppo dirigente nuovo fatto di facce nuove e di giovane età per coinvogerlo? Davvero potrebbe importargli qualcosa che ci sia un suo coetaneo a Palazzo Chigi? E i contenuti, i programmi, le strategie? Delle due l'una: o gli si propone un'idea significativa per la sua vita, oppure si finisce per essere sì un suo coetaneo ma solo più fortunato di lui.
Oggi come cambia il Pd con il nuovo segretario?
Zingaretti è sicuramente, anche solo epidermicamente, molto diverso dal passato: un leader con altra postura e altro atteggiamento verso il potere e verso la stessa idea di un partito. Una fisicità che parla ed è già in sé una discontinuità precisa verso chi, pur non essendo in area piddì, se ne riconosceva e oggi è tornato in un campo di sinistra ma con un Pd diverso. Spero, e lo dico con fiducia e non con piglio critico, che Zingaretti abbia più coraggio in futuro per affrontare alcune contraddizioni, anche se capisco la sua necessità di tenere più unito possibile il partito prendendo ossigeno prima della bracciata importante in mare aperto.
Rispetto all'icona del vis a vis Bersani-M5s del 2013 cosa è cambiato nel 2018?
So che è una posizione criticabile la mia, ma penso che col tempo forse verrà riconosciuta: credo che la scelta del Pd, dopo il 4 marzo 2018, di invitare quasi il M5s e Lega a governare insieme applaudendo e alludendo ai festeggiamenti e pop corn, sia stata una scelta che nessun leader democratico, (intendendo comunista, socialista, democristiano) avrebbe mai fatto nella prima e nella seconda repubblica.
Con quale alternativa?
O avere la forza di partecipare al gioco, dando le carte o cercare di dividere i suoi avversari. Invece la scelta fatta, di isolare il Pd bloccando di fatto il sistema democratico in un bipolarismo innaturale, contraddittorio e anomalo, è una scelta di cui il Pd dovrà rispondere prima o poi. Ma principalmente a se stesso, non a me o ai lettori di Titanic. In passato la democrazia bloccata venne superata quando vi erano ragioni storiche che oggi non ci sono.
Come sbloccare il sistema allora?
Vedo solo un modo: riaprire i giochi, avere il coraggio di giocare la partita.
Ovvero un governo Pd-M5s?
Non sto dicendo quello, per poi far cadere Conte, aprendo una crisi-lampo e passando sopra fatti gravissimi che sono avvenuti negli utimi mesi. No, non è quella la strada. Ma dico che non si può stare nella politica senza fare politica. Ad esempio il 26 maggio votiamo alle europee e anche in numerose elezioni locali dove sono previsti ballottaggi. Se vi andranno un candidato leghista contro uno di sinistra, vogliamo essere nelle condizioni di poter dire agli elettori grillini che i loro voti ci interessano e che sarebbe meglio per loro staccarsi dall'abbraccio di Salvini? Oppure diremo loro che votino pure il candidato leghista perché noi mangeremo pop corn? Credo sarebbe una domanda utile da porsi, perché il quadro attuale relega il Pd solo all'irrilevanza.
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