Sulle tavole liberali si è formato, anche grazie ad un trittico di maestri doc come Ricossa, Martino, Antiseri. Poi il grande pubblico italiano dalla vicedirezione de Il Giornale, dove cura la rubrica “Zuppa di Porro”, ha potuto apprezzarlo sullo schermo di In Onda su La7 e soprattutto di Virus su Rai 2.
E' romano di nascita, pugliese di famiglia, milanese per lavoro e in Puglia cura le sue passioni legate ai vigneti e agli uliveti. Oggi Nicola Porro, che ha dato alle stampe per La Nave di Teseo “La disuguaglianza fa bene”, torna a dirigere il traffico nel talk show di Matrix, in seconda serata su Canale 5. E in questa chiacchierata informale con Impaginato.it racconta vizi e virtù della politica italiana.
D. A parole moltissimi si dicono liberali in Italia, ma poi su liberalizzazioni e monopoli è il solito déjà-vu: perché?
R. Perché va molto di moda definirsi liberali, ma non solo da oggi. Si mettono, nella etichetta “liberale”, tantissime sfaccettature: c'è chi si definisce liberal-socialista o liberal-democratico. Si cerca sempre un aggettivo diverso, ma in realtà è solo un mezzo per nascondere il fatto che non si è liberali affatto.
R. Intanto gli uomini nascono disuguali, e debbono essere messi nelle condizioni di diventare più uguali: questo il principio sacrosanto della società liberale. Il vero tema è che noi ci siamo preoccupati molto più spesso di creare infrastrutture per renderci uguali, e non di creare invece maggiore ricchezza e maggiori possibilità per tutti. Beh, oggi forse è giunto il momento di immaginare queste occasioni, più che rendere tutti uguali al ribasso.
D. Ricossa, Martino, Antiseri: che spunti hanno dato (e quanti potrebbero darne) i loro studi?
R. Intanto sono i miei tre grandi maestri in termini temporali. Sergio Ricossa ci ha insegnato come essere anticonvenzionali, in un momento in cui tutti la pensano alla stessa maniera: le Brigate Rosse, ricordiamolo, volevano ammazzarlo. Antonio Martino ha provato, dall'interno, a cambiare le cose, quando si è candidato fondando Forza Italia nel 1994: e ci ha insegnato che dalla teoria si deve passare alla pratica. E Dario Antiseri secondo me ha capito la terza fondamentale questione legata alle riforme liberali: ovvero, se non si parte dalla scuola e dalle istituzioni, non si crea una società pronta ad avere un dna liberale.
D. E la bustina di zucchero pre-confezionata ormai presente in tutti i bar, che spia è?
R. E'la spia che ormai c'è qualcuno che decide cosa sia bene per noi.
D. L'altra sera alla Versiliana ha avuto un quadro dello scenario elettorale siciliano e nazionale, moderando l'evento per il compleanno de L'Opinione: ma un centrodestra unito e di governo è una prospettiva oggettiva?
R. Sarò molto sincero su questo aspetto: il fatto che il centrodestra italiano si possa unire avrebbe un grande vantaggio elettorale e saremmo contenti se si semplificassero le cose per gli elettori. Però il problema è che bisogna essere uniti per fare, poi, qualcosa. Per cui mi chiedo: cosa combinerebbe un centrodestra così unito se dovesse mai vincere?
D. Con Virus su Rai2 è riuscito a “mettere sale” nella minestra dei talk politici: ora parte la seconda stagione di Matrix. Con quali obiettivi?
R. Tentare di rendere la zuppa sempre più salata, perché purtroppo i temi sono sempre quelli e bisogna affrontarli in maniera eterodossa. E'uno sforzo pazzesco, anche perché i personaggi più o meno non cambiano. Ma cercheremo di cucinarla ugualmente.
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