“Il fatto di aver firmato il patto di stabilità in violazione del Trattato di Maastricht da parte di Ciampi e Prodi è stato un errore gravissimo”. Ne è convinto Angelo Polimeno, notista politico del Tg1 e autore del volume “Non chiamatelo euro- Germania, Italia e la vera storia di una moneta illegittima” (Mondadori) che con la sua associazione Eureca lancia un appello: tutte le forze politiche si pronuncino in Parlamento contro l’inserimento del Fiscal Compact nei Trattati europei.
Questa, oltre che nociva, è una norma varata illegittimamente, sostiene, aggirando le principali leggi dell’Unione. Tra i fondatori di Eureca (che il prossimo 9 novembre rappresenterà l'Italia in un simposio internazionale a Austin, in Texas) spicca lo studio del prof. Federico Tedeschini, e nel comitato scientifico nomi significativi come il prof. Giuseppe Guarino autore tra gli altri per Passigli di “Salvare l'Europa salvare l'euro”; James K. Galbraith figlio di Galbraith consulente di Jfk alla Casa Bianca; l'ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata, il prof. Giulio Sapelli.
Domanda. Che cos'è Eureca e cosa vuol rappresentare?
Risposta. Nasce dal libro “Non chiamatelo Euro” che si caratterizza per essersi impegnato a condurre una ricerca su come sono andate effettivamente cose in occasione della nascita della moneta unica, sottolineando il tema del rispetto del diritto europeo. Dal patto di stabilità in poi, 1997, vista l'impossibilità di aggiornare i Trattati Europei come la giurisprudenza richiede, si è fatto ricorso a delle leggi-sotterfugio. Si sono cambiati i trattati europei che hanno valore costituzionale con norme di rango inferiore: ricordiamo che il patto di stabilità è un semplice regolamento e ha cambiato il Trattato di Maastricht. E'sufficiente pensare che Maastricht, come tutti i trattati, è stato approvato da tutti i Parlamenti nazionali, in alcuni Paesi anche dai cittadini tramite un referendum.
D. E il Patto di Stabilità?
R. Nonostante fosse una legge fondamentale in quanto ha comportato moltissime conseguenze come chiusura di imprese, tagli di pensioni e licenziamenti, non è stata mai approvata ad alcun Parlamento nazionale, tantomeno mai sottoposta al giudizio dei cittadini. Non tanto in Italia perché non è consentito, ma neanche altrove dove vi era la possibilità, come Francia o Danimarca. Da quel momento in poi, con la bocciatura della convenzione europea, è finito il sogno di rientrare in un alveo di legalità. Per cui si è proseguito con il cambiare i trattati tramite leggi estranee al diritto europeo o di rango inferiore.
D. La battaglia sul fiscal compact dove potrà arrivare?
R. La misura è stata approvata nel 2012 su richiesta della Germania. Si tratta di un trattato internazionale estraneo al diritto europeo, mentre a noi lo hanno descritto come se fosse un impegno continentale. Salvo poi prevedere che chi non lo rispetta deve pagare una sanzione a Bruxelles: un pasticcio. Dal momento che eravamo in presenza di questa (ennesima) violazione, la Germania nel 2012 all'entrata in vigore del fiscal compact ha chiesto, preteso e ottenuto, che entro 5 anni tutti gli Stati firmatari si impegnassero a inserirlo nel diritto europeo. Per cui entro quest'anno, anche il Parlamento italiano dovrà pronunciarsi su questo.
D. Cosa farà Eureca fino a dicembre, allora?
R. Intanto spiegare ai cittadini tutta questa situazione, perché semplicemente non la conoscono. I pochi articoli che circolano non sono sulla stampa generalista ma su giornali tecnici, quindi di nicchia. E'la ragione che ci ha spinti a promuovere lo scorso 1 agosto un convegno alla Camera dei Deputati invitando tutte le forze politiche con una risposta che ci ha sorpresi positivamente: sono venuti davvero tutti, dal Pd al M5S. E tutti, seppur con sfumature diverse, hanno ammesso che in effetti voteranno contro l'inserimento del fiscal compact nei trattati europei. Sicuramente questa nostra iniziativa sarà stata solo una goccia nel mare, ma a Bruxelles evidentemente hanno avvertito il pericolo e la Commissione Europea ha già messo in calendario l'impegno a prendere una decisione su come inserire il fiscal compact nel diritto europeo. In questo modo non dovranno per legge sottoporlo al vaglio dei Parlamenti.
D. In gioco, quindi, c'è anche la sovranità nazionale?
R. Quando si cede un pezzo di sovranità, la si cede ad una sovrastruttura che abbia regole chiare. Aggirare i trattati in questa maniera è un po' come se l'ex premier Renzi lo scorso 4 dicembre, dopo la sconfitta referendaria, avesse detto: “Il Senato lo aboliamo lo stesso perché ho firmato un trattato internazionale con Spagna, Francia e Germania”. In questi mesi abbiamo scritto una lettera a tutti i capigruppo di tutti i partiti, abbiamo promosso incontri periodici per illustrare le nostre finalità, e molti cittadini quando apprendono che il patto di stabilità (che costringe i comuni a non spendere) non è stato vidimato dal parlamento restano di sasso.
D. In cosa poteva essere migliorato Maastricht?
R. Intanto è già meglio delle leggi che sono arrivare dopo, ma presenta un nodo strutturale che rappresenta l'errore di fondo: è lampante, e non lo sostengo solo io, che abbia fatto precedere l'unione monetaria a quella politica. Avrebbero dovuto fare il percorso inverso o quantomeno farlo contestualmente. Aggiungo, ed è una mia opinione, che di per sé cedere sovranità non è di per sé una cosa sbagliata: dipende dalle condizioni in cui lo si fa. Mi spiego: quando l'Italia lo ha fatto alla voce difesa entrando nell'Alleanza Atlantica, io penso abbia fatto un buon affare. E'vero che deve ospitare le basi americane, ma il ritorno che ha il nostro Paese è nettamente positivo. Ma la Nato è un'alleanza con regole chiare, con un principio automatico di solidarietà in caso di attacco esterno contro uno dei membri.
D. Invece in Europa?
R. Parliamo della cessione che uno Stato nazionale fa ad una sovrastruttura nazionale che però non ha fatto un'unione politica. A chi stiamo cedendo la nostra sovranità, dunque? Al caos? E'questa la follia. Noi non siamo contrari a cedere sovranità tout court, dipende da come la si fa. Ritengo, quindi, che l'automobile sia un ottimo strumento di trasporto, ma a condizione che i freni funzionino e che il volante giri, con alla guida una persona lucida e non un ubriaco.
D. Chi ha commesso più euroerrori tra Prodi, Kohl, Merkel e Obama?
R. Anche se, con equilibrio, va riconosciuto che quello di Maastricht era un periodo storico molto particolare, con l'Italia che aveva una politica debolissima in virtù di Tangentopoli e di altri problemi, non ho dubbi a indicare Prodi e Ciampi. Le garanzie presenti dentro Maastricht, fissati degli obiettivi comuni per tutti i Paesi membri, lasciavano loro comunque la sovranità economica. Non dimentichiamo che il trattato nacque da un braccio di ferro fortissimo tra Germania e il blocco composto da Italia, Spagna, Gran Bretagna e Francia. E passò la tesi che tutti i parametri andassero valutati ogni anno secondo il criterio della tendenzialità, ovvero che ogni paese mostrasse di avere la direzione verso l'abbattimento del debito pubblico.
D. Quindi?
R. Il fatto di aver firmato il patto di stabilità in violazione del Trattato di Maastricht da parte di Ciampi e Prodi è stato un errore gravissimo. Consiglierei di leggere il libro del portavoce di Ciampi, Paolo Peluffo, in cui si dà conto delle infinite pressioni avanzate dalla Germania. E dopo la firma Ciampi, da una parte fu contento perché quella era la garanzia che Berlino ci avrebbe fatti entrare nell'euro, ma dall'altra si mostrò molto preoccupato: sapeva che quel patto avrebbe cambiato in profondità Maastrich, con il prologo a cui assistiamo oggi come il taglio di stipendi e pensioni, austerità e calo del pil. Sapevano insomma di combinare un pasticcio.
D. La crisi greca (e quindi la mannaia della troika) poteva essere affrontata diversamente?
R. Sappiamo tutti com'è andata in Grecia: c'erano da tutelare gli interessi delle banche tedesche e francesi. La preoccupazione era quella di elargire prestiti ad Atene a condizioni sempre più pesanti per garantire le suddette banche che erano esposte. I tedeschi depositavano i loro risparmi nelle banche del proprio paese, prendendo pochissimi interessi, che un attimo dopo la banca reinvestiva in buoni del tesoro greci dati all'8%. Non mi sto inventando nulla, si tratta di cosa risapute.
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