iPerché di Impaginato, risponde Mosè Renzi: "Come diventare grandi con la logistica integrata"


Il direttore generale dell'Interporto d'Abruzzo, e segretario generale dell'Unione Interporti Riuniti, indica progetti e strategie per non perdere la sfida di commerci e infrastrutture


di Francesco De Palo
Categoria: ABRUZZO
29/04/2019 alle ore 19:15



Non solo Via della seta, insomma. L'Italia, e in modo particolare il centro Italia, già dialogano con bretelle commerciali di pregio, come il Brennero e quel “tratturo” per merci e prodotti che conduce nel salotto buono d'Europa, ovvero la ricca Germania. Per cui, ragiona con Impaginato Mosè Renzi, direttore generale dell'Interporto d'Abruzzo e segretario generale dell'Unione Interporti Riuniti, progetti e strategie per non perdere la sfida di commerci e infrastrutture sono noti a tutti, tecnici e politici. Basta metterli in pratica. 

Partiamo dalla novità cinese: come valuta dal punto di vista portuale l'accordo sulla Via della Seta per l'Italia?

Le dinamiche della Nuova Via della Seta ancora non si conoscono e quindi è difficile poterne prevedere la portata effettiva. Chi opera nel settore è estremamente interessato e a noi, come Interporto d’Abruzzo, tocca direttamente perché intravediamo anche lo sviluppo dei collegamenti terrestri con la modalità ferroviaria e quindi con la nuova linea che si interconnette sostanzialmente e prevalentemente con i grossi hub della Germania ma che poi scende perpendicolarmente verso il resto della penisola italiana. Da alcuni anni ormai proviamo a collaborare con alcune organizzazioni tra cui la Felb che è in assoluto uno dei leader nella commercializzazione del trasporto ferroviario e ancora non si riesce a far niente anche perché c’è una dinamica di vendita soprattutto nel Centro Sud Italia che è quella del franco fabbrica di partenza che poco incentiva questo tipo di modalità di trasporto.

Quindi?

Si lascia direttamente al soggetto estero la facoltà di organizzare il trasporto e quindi ci si affida ad operatori che non conoscono le nuove accessibilità territoriali: questo è un po’ un detrimento di quelle che possono essere le opportunità di sviluppo di servizi che poi magari non sono solo quelli di trasporto ma anche servizi logistici a valore aggiunto. Da un punto di vista portuale la mia valutazione personale è estremamente positiva perché dobbiamo recuperare quello che è il gap con i porti del Nord Europa.

L'interporto d'Abruzzo è l'unica infrastruttura terrestre regionale che può rendere interoperabili le merci unitizzate fra le diverse modalità di trasporto: quali i risultati ottenuti e quali i prossimi obiettivi?

Abbiamo la fortuna di intercettare i collegamenti transoceanici che risalgono per il Canale di Suez quindi la posizione geopolitica dell’Italia come molo naturale è ovviamente una delle più favorevoli. C’è da sviluppare la connessione terrestre perché è lì che viene a mancare la capacità del sistema logistico nazionale di fare squadra e dare quel servizio che dal porto hub permetta al container di raggiungere i mercati di destinazione in maniera più efficiente. Anche qui però è interessante una dinamica che ancora di più accentui il ruolo dei porti hub. Se dovessi fare una valutazione da un punto di vista logistico dico che la portualità abruzzese resta ancora di più marginalizzata.

In questo momento cosa c’è oggettivamente ancora da fare?

Noi registriamo un trend di crescita costante, siamo in una fase di consolidamento di quello che è il flusso continentale. Se analizziamo i dati economici sappiamo bene che l’Italia in generale, ma ancor di più l’Abruzzo, hanno rapporti di scambio commerciale con l’Europa continentale comunitaria ed extracomunitaria. Il 70% della bilancia commerciale si sviluppa con questi Paesi. Quando sento parlare di dinamiche intermodali che riguardano l’Abruzzo e in generale il Centrosud Italia e le inserisci in una dinamica globale io darei sempre priorità a quella che è l’intercommissione continentale. Invece vedo che spesso si sta perdendo il senso della realtà.

Ovvero?

Si preferisce la visione di una logistica che tutto sommato sarà qualcosa che si concretizzerà nei decenni a venire mentre oggi le industrie abruzzesi hanno bisogno di collegamenti efficienti con il NordEuropa. Quindi lì abbiamo puntato e lì stiamo vedendo che abbiamo una crescita costante. Il nostro treno da maggio ha una frequenza di connessione giornaliera da Novara (in assoluto la porta di accesso dei collegamenti d’Oltralpe). Da qui andiamo in maniera efficace nella Germania, nella Renania (Colonia, Duisburg, Hannover) e poi più su fino a Rotterdam. Captiamo anche i flussi che arrivano dai paesi anglofoni, scandinavi e un po’ di Francia che nella bilancia commerciale ha un grosso peso. Quando parliamo di Francia parliamo della parte di Parigi intesa in maniera molto allargata. Su questo sappiamo che continueremo a crescere, i nostri investimenti sono lì focalizzati. L’altra cosa che ci interessa tantissimo è sviluppare un secondo collegamento che ci permetta di interconnetterci con il corridoio del Brennero che praticamente è l’altro corridoio che capta oltre il 50% di quello che è un 70% della bilancia commerciale degli scambi dell’Abruzzo con i Paesi del NordEuropa.

Come si fa a captarlo?

Nella nostra visione già c’era la possibilità di sviluppare questo tipo di collegamento. Prima i flussi venivano attestati a Verona. Nella relazione chilometrica Abruzzo-Verona i km sono troppo pochi per rendere efficiente la modalità di trasporto ferroviaria. Adesso però i grossi player del trasporto combinato si stanno spostando su altri interporti o altre piattaforme terrestri che sono le piattaforme del Friuli Venezia Giulia: quindi la distanza chilometrica comincia nuovamente a essere superiore ai 550/600 km perché parliamo di Pordenone piuttosto che Cervignano, piuttosto che Trieste, ossia altre piattaforme che danno la possibilità di avere questo tipo di connessione. Già nell’arco del 2019 stiamo lavorando per studiare questo tipo di connessione e lo facciamo in maniera più pragmatica. Dobbiamo intercettare gli imprenditori o meglio gli operatori MTO che hanno volontà di fare questo tipo di investimento che solitamente è freddo. Il ritorno dell’investimento non è immediato ma lo si ottiene con un paio di anni di lavoro.

Il corridoio verso Est dei Balcani è quindi un obiettivo secondario per l’Abruzzo?

Personalmente non ci vedo nulla nei Balcani.

Meglio una traiettoria verticale verso il Centro Nord Europa quindi?

Oggi molto del semilavorato o anche di prodotto finito arriva dalla Polonia e anche da altri paesi dell’Est Europa con termini alla Polonia. L’importante è andare lì e poi sempre lì si intercettano corridoi della trasversalità. Addirittura il Sud Est Asiatico (Ucraina., Russia, Cina) che può viaggiare con la modalità terrestre si intercetta su quei corridoi.

Se l’Abruzzo nei prossimi 5 anni non dovesse fare i passi da lei specificati, quali sarebbero i danni per l’economia non solo regionale ma anche per il sistema logistico adriatico?

Abbiamo una linea ad alta capacità che va molto bene per le merci, quindi non c’è bisogno di una struttura ferroviaria che sia ad alta velocità ma ad alta capacità per permettere il caricamento di unità di trasporto che sono molto ma molto voluminose. Oggi l’equipaggiamento più utilizzato nelle megaflotte è il P400XL che ha una serie di caratteristiche di interoperabilità con alcuni materiali rotabili particolari. Questo passa solo sulla dorsale adriatica ed è un vantaggio competitivo enorme che ha il Centro Sud Italia, quindi anche la Puglia. Però la Puglia è un punto di snodo per le merci che poi devono proseguire per la Grecia o per la Turchia. Tutto ciò che arriva dall’Europa continentale e deve proseguire per quelle zone ha interesse ad arrivare fino a Bari; tutto quello che deve andare sui mercati di distribuzione Centro Sud Italia si ferma qui perché poi dopo la capacità di creare simmetria di flusso, quindi scaricare presso il punto di destinazione e ricaricare presso un altro mittente è più facile se fatto in Abruzzo. I danni non riesco a quantificarli perché non sono un economista ma sarebbero danni che rallenterebbero un processo che inevitabilmente avrà il suo sviluppo.

La politica va guidata in questo senso?

Una cosa è avere a che fare con la condivisione di quella che è la politica a qualsiasi livello e un conto è invece la politica che va per la sua strada propugnando progetti più faraonici, meno aderenti alle esigenze del sistema produttivo. Politica solitamente significa avere una maggiore capacità di gerarchizzazione di quelli che sono gli investimenti sulla rete, sullo sviluppo delle potenzialità delle infrastrutture viarie. Se colgo queste prospettive cerco di velocizzare le opere già cantierate che fanno parte di accordi quadro fatti tra Ministero ed RFI. E se non capisco la strategicità di quelle opere tutto sommato le faccio andare con tempi che non corrispondono a quelli del mercato.

Si perde competitività ulteriormente?

Sicuramente sì, perché oggi viviamo in un mercato dove le grosse multinazionali che sono presenti anche sul nostro territorio ci mettono sempre a confronto con altre realtà dove ad esempio il costo della manodopera è più basso. Per compensarlo bisognerebbe avere una dotazione infrastrutturale talmente efficiente da colmare altre dinamiche sociali di un gap che può essere fiscale, assistenziale e che riguarda il costo della manodopera.

Qualche giorno fa, il magnate della pasta, Francesco Divella si è lamentato del fatto che in Adriatico a scendere, i porti di prima fascia si fermano ad Ancona quindi lui è costretto ad andare a Caserta, a Salerno o a prendere le mini navi da containers per andare a Pireo e intercettare i grossi flussi. Manca una volontà politica di modernizzare le infrastrutture, di chiedere alle imprese di cosa abbiano bisogno? La cerniera politica si è inceppata o definitivamente rotta?

A mio avviso mancano semplicemente i flussi. Dove ci sono flussi da integrare arriva sempre prima il mercato. Se i flussi di cui parla Divella integrati ad altri avessero una rilevanza di servizio probabilmente sarebbero già stati aggrediti da Grimaldi, Msc ecc. Quando manca un’offerta non necessariamente è dovuta alla dotazione infrastrutturale perché essa si bypassa anche con tecniche di inoltro e sistemi di trasporto diversi. Se c’è volontà imprenditoriale il servizio lo si offre, se non c’è è perché si tratta di una volontà espressa da un unico imprenditore che non si integra con altri flussi.

Invece in merito al fatto che due poli importanti da un punto di vista strategico come Taranto e Gioia Tauro che avrebbero potuto avere tutt’altra evoluzione sono fermi?

Questo dispiace e qui si fa un passo indietro e si torna ai grossi traffici intercontinentali e alla loro geolocalizzazione estremamente favorevole perché intercettano la linea di traffico che risale il Canale di Suez e in assoluto è una via privilegiata per tempi di transito e i traffici che arrivano dal Sud Est Asiatico. Lì dispiace non vi sia una volontà politica di rilancio di queste mega piattaforme che hanno grandissime potenzialità. Credo che quella di Gioia Tauro abbia altre problematiche perché se si vedono i servizi giornalistici di Report che parlano della malavita organizzata, probabilmente è quello il problema, ossia una connivenza con altre realtà che non piacciono a chi fa economia sana.

 

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