Una svolta, quella della Lega salviniana, che per il centrodestra italiano può essere paragonata alla discesa in campo di Silvio Berlusconi nel '94 e alla nascita, poi, del Pdl. E che secondo Mario Mauro, già vicepresidente del Parlamento europeo e Ministro della Difesa nel governo Letta, dovrebbe essere affrontata oggi con “cordialità da parte degli altri partiti di centrodestra”.
Mauro, presidente dei Popolari per l'Italia che si riuniranno in assemblea generale il prossimo 6 ottobre, si pone però un traguardo diverso dalla semplice scomposizione partitica del centrodestra che fu e punta dritto ad un nuovo popolarismo.
D. Verso un popolarismo di nuova concezione: con quale perimetro?
R. Lo scenario politico ci presenta oggi un nuovo bipolarismo italiano, nel segno del rapporto tra M5s e Lega. Nuovo perché, quando due partiti raccolgono assieme più del 60% delle intenzioni di voto, vuol dire che le opzioni che tradizionalmente hanno retto le sorti del nostro Paese nella forma dell'essere di sinistra e di destra, rilanciate dall'intuizione a quell'epoca da parte di Silvio Berlusconi, sono oggi sostanzialmente cambiate.
D. In che modo?
R. Avevamo un tempo storico in cui o si era comunisti o anticomunisti. Erano anni complessi, e pur essendo radicati nella società i partiti popolari come Dc e Pci, e anche le formazioni laiche, sono poi stati interessati da uno stravolgimento generale, dettato dal crollo della Prima Repubblica. In quella circostanza Berlusconi ha riverniciato il senso di bipolarismo del passato e, con una strategia comunicativa espressa nella teoria della scelta di campo, ha messo da una parte chi faceva derivare la propria appartenenza da una concezione in cui lo Stato viene prima della persona, e dall'altra chi proveniva dal cattolicesimo liberale diffuso. Penso alla prima kermesse di Forza Italia, tutta incentrata sugli eventi del 1948, con una linea neo-degasperiana.
D. Fino all'unione di opposti come An e Lega...
R. Una intuizione che nessuno fino a quel momento aveva mai avuto, mettendo assieme chi assieme non poteva stare: la destra storica italiana di Gianfranco Fini e la Lega federalista e autonomista di Umberto Bossi. Da quello strano miscuglio ricavò il centrodestra italiano, una figura politica nuova nella storia del nostro dopoguerra e figlia della caduta dei blocchi della guerra fredda. Una stagione politica che è durata fino all'avento del M5s.
D. E nel mezzo?
R. I governi tecnici o quelli di solidarietà nazionale come l'ultimo Governo Letta sono stati una sorta di introduzione verso una nuova stagione in cui le ragioni dei partiti tradizionali sono state bruciate dal Nazareno: un tentativo di fare insieme una serie di cose che non si è poi riusciti a fare.
D. Ma chi ha una matrice culturale ispirata alla Dottrina Sociale della Chiesa oggi dove si posiziona?
R. Potrebbe provare a fare un partito di ispirazione cattolica; o a rileggere la propria collocazione all'interno di quelle realtà che ancora si rifanno al centrodestra, che come proposto da Giorgia Meloni, per suggerire di aprire ad un soggetto nuovo in cui ci sia spazio per tutti coloro le cui pulsioni non coincidono con quelle leghiste; o potrebbe identificarsi con l'appello fatto col Vangelo in piazza da Matteo Salvini. E'uno degli aspetti di cui discuteremo nella nostra assemblea il prossimo 6 ottobre, assieme all'altro, ovvero il progetto di maggiore caratura che gli italiani abbiano mai sostenuto negli ultimi 70 anni: l'Europa unita.
D. Perché l'Ue non ha funzionato come nelle intenzioni programmatiche?
R. Quel progetto aveva l'obiettivo di mettere in sicurezza lo scenario globale attraverso pace e sviluppo. L'Europa unita è un progetto politico che si è compiuto? No, tant'è che l'Ue, cioè il suo epigono concreto, ha molte pecche anche in ordine al processo democratico delle decisioni. Per cui superare l'Ue per salvare l'Europa unita credo sia un'intuizione che possa portare miglior fortuna rispetto al governo di Bruxelles degli ultimi anni.
D. Al vertice del centrodestra di giovedì scorso c'era Salvini che è al governo, Berlusconi che è all'opposizione e la Meloni che ha una posizione ibrida: che icona viene fuori?
R. Vado sul pratico: in questo momento c'è un governo che non rappresenta certo l'orizzonte ideale di chi sente di appartenere all'area di centrodestra. Ma è parimenti un governo fatto per ragioni di necessità, perché l'alchimia dei numeri solo questo rendeva possibile. E allora serve cordialità degli altri partiti di centrodestra verso chi sta facendo tale tentativo. Per cui mi sento più affine alla posizione espressa in Parlamento da Fratelli d'Italia per la semplice ragione che è una reale apertura di credito.
Lo dico avendo avuto a che fare con l'esigenza di fare un governo (Letta ndr) perché di mezzo c'erano i numeri di allora e ieri avrei gradito quel livello di cordialità da parte di chi intese collocarsi all'opposizione. Penso che quando né la leva di destra, né quella di sinistra e né quella del centro riescono da sole a spostare il macigno che si frappone fra il Paese e il futuro, serve mettere assieme le forze. Lo pensavo ieri, lo penso oggi. Questo non ci impone certo un dimagrimento della ragione, ovvero non rinunceremo alle nostre idee che sarebbero state utili anche a chi in Forza Italia pensava che tutto fosse basato su esigenze radio televisive.
D. Il centrodestra così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi è finito. Che ne pensa dell'idea di una nuova Lega Nazionale?
R. In realtà c'è già. Dal punto di vista delle trasformazioni radicali che hanno caratterizzato la politica italiana, dopo l'azione di Berlusconi del 1994 e dopo la creazione del Pdl, progetto fallito non perché cattiva l'intuizione ma per la pessima interpretazione dei protagonisti, ecco che Salvini ha portato una ulteriore mutazione genetica. Non vedo però una Lega padana che si trasforma in Lega nazionale, piuttosto Salvini ha spostato l'interesse sul nemico della Padania, ieri Roma ladrona e oggi a Bruxelles incapace, il nuovo decisore.
D. Un processo già completo?
R. No, non lo reputo di per sé esaurito, anzi, mi identifico nel filone conservatore che sta procedendo e che credo sia destinato a crescere nel paese. Non dimentichiamo che una fetta di consenso del M5s chiede una rielaborazione del concetto di Stato e Nazione, delle singole prerogative, della gestione dei bisogni reali del popolo e delle elites, e dello scenario internazionale che presenta schemi di lettura diversi rispetto al tempo della guerra fredda.
Su questo aspetto credo sarebbe utile rileggere le dichiarazioni fatte da un grande personaggio come Francesco Cossiga nel momento in cui lasciò il Quirinale. Ciò che osservava sugli scenari internazionali dovrebbe insegnarci molto a proposito della rinnovata capacità di una Nazione come la nostra di capire cosa è l'Italia e cosa è chiamata a fare nello scenario futuro.
D. A proposito di geopolitica e scenari internazionali, il Mediterraneo è tornato centrale per il dossier idrocarburi.
R. Qualunque governo italiano deve fare i conti con un ragionamento semplicissimo: il nodo non è tanto se l'Italia si occupa di politica estera, ma che la politica estera si occupa tantissimo dell'Italia e porto due esempi. Quando è nata la repressione Usa contro Saddam, nell'enfasi di quel passo concreto per debellare Al Qaida nel mondo, si è passati di gran carriera sul fatto che il principale partner commerciale dell'Iraq fosse l'Italia. Analogamente ciò è avvenuto quando è caduto Gheddafi: primo partner commerciale libico era l'Italia. Aggiungo che il primo parrner commerciale della Siria era l'Italia.
D. Sta dicendo che si sono fatte delle guerre per metterci fuori gioco?
R. No, sia chiaro. Dico però che tutto ciò è accaduto senza che l'Italia avesse il piglio e il posizionamento politico internazionale per tentare di dire qualcosa di più acconcio ai propri interessi nazionali quando tutto questo è avvenuto. Lo peso come un fatto rilevantissimo.
D. Il governo lo sta curando come dovrebbe?
R. Penso che dovremmo puntare a essere decisivi nella gestione delle risorse energetiche che abbondano intorno a noi e che potrebbero mettere in sicurezza il benessere futuro, compresi Zohr e Tap, oltre a rafforzare la cooperazione con Stati strategici come l'Algeria. Aggiungo anche il rapporto, diverso, con i vicini d'Oltralpe: un passaggio fondamentale.
D. Quale potrà essere, soprattutto al centrosud, il ruolo del civismo anche in ottica di elezioni europee?
R. Dipenderà da chi saprà meglio convogliare quelle energie che sul piano locale hanno un peso specifico determinato. Ovvero, chi lancerà l'idea di essere davvero aperto a un cammino condiviso con chi pur non condividendo l'idea del partito ospitante porta al mulino l'acqua del civismo, allora sarà credibile. Se penso per un attimo all'identità popolare, essa è un tutt'uno con il civismo anche per radice sturziana. Questa sarà la vera partita per dialogare con gli altri attori del centrodestra.
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