"iPerché" di Impaginato, risponde Bagnai: così riformiamo il credito cooperativo


Il Presidente della Commissione Finanze del Senato: "Paradossalmente in Germania oltre 1550 piccole banche sfuggono alla vigilanza della Bce"


di Francesco De Palo
Categoria: ABRUZZO
26/07/2018 alle ore 17:54

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Il governo Conte ha messo la quarta sulla riforma delle cosiddette Bcc, approvando la modifica alla riforma del credito cooperativo che “suggerisce” a 300 istituti di consorziarsi in gruppi. Il senatore leghista Alberto Bagnai, Presidente della Commissione Finanze del Senato, eletto in Abruzzo, spiega perché è stata “necessaria un'opera di mediazione”, in un settore strategico per la spina dorsale finanziaria e commerciale italiana.

E in questa articolata conversazione con Impaginato.it snocciola dettagli e strategie anche sul male del bail in, con una precisa stoccata a Berlino dove “il paese più forte, ma anche quello con la banca più chiacchierata, la Deutsche, ha un sistema bancario che nel suo complesso è meno vigilato dalla sorveglianza unica”.

D. Perché il governo ha accelerato sulla riforma del credito cooperativo?

R. La richiesta emersa era quella di ripensare alcuni aspetti della riforma sulle banche di credito cooperativo in un momento difficile, perché la riforma aveva superato una serie di snodi. Il più rilevante era la richiesta di adesione da parte dei singoli istituti alle capofila, poi sottoposta ad una verifica di congruità da parte della Banca d'Italia.

D. Cosa rimproverare alla politica?

R. Forse il fatto di averci pensato un po'in ritardo, ma Lega e M5s già da tempo si erano espressi in modo dubitativo rispetto a certi aspetti della riforma. Per cui quando hanno avuto modo di incidere sono intervenuti, ma con senso di responsabilità.

D. Ovvero?

R. Cancellare una storia di due anni di riforme significa raccontare una storia che è molto più lunga. Oltre alla mediazione politica è stata necessaria una fase di istruttoria e ascolto in cui un ruolo primario lo ha svolto la sesta Commissione del Senato, dove maggioranza e opposizione hanno esposto al ministro delle finanze Tria quelle criticità che, con lui, erano già state condivise a vari livelli.

Infatti nel decreto Milleproproghe non c'è una mera proroga dei termini per l'adesione definitiva al cosiddetto patto di coesione, ma il governo ha ritenuto di intervenire anche sulla norma primaria, recependo anche indicazioni più ampie rispetto a quelle segnalate al ministro. Per cui evidentemente c'è stato un lavoro collegiale del governo.

D. Il ministro aveva parlato di un allungamento dei tempi per dare agli aderenti il tempo di valutare atti di coesione...

R. Oltre all'innalzamento della quota di partecipazione degli aderenti al capitale della capofila. Ma nella norma in questione vengono considerati anche aspetti rilevanti sulla governance della capofila. Quindi si è trattato di un intervento più ampio di quello annunciato.

D. Nei giorni scorsi ha parlato di asimettria normativa: può spiegarla?

R. Abbiamo una asimmetria normativa a vari livelli: un punto delicato che è stato messo in evidenza dal ministro Fraccaro così come dal sottosegretario Giorgetti è che per effetto di questa riforma tutto il sistema bancario italiano, che paradossalmente è molto concentrato rispetto ad altre realtà europee, verrà sottoposto a vigilanza diretta della Bce. Tanto per dare un numero, come detto da un importante funzionario dell'Abi (Venesio, ndr) alla fine di questo processo l'Italia avrà un numero complessivo di banche inferiore ad un piccolo stato americano come il Kentuky. Mentre la Germania ha un sistema dove oltre 1550 banche di piccole dimensioni sfuggono alla vigilanza della Bce, ma sono vigilate da un ente locale e hanno anche una serie di deroghe circa i criteri contabili.

D. Incontrano una legislazione di vantaggio?

R. Questa non è una peculiarità tedesca, ma valuto che in questo momento è come se l'Italia andasse controcorrente: si pensi che ad esempio negli Usa nel maggio scorso il sistema è stato riformato per renderlo più fluido. Il paese più forte, ma anche quello con la banca più chiacchierata, la Deutsche, ha un sistema bancario che nel suo complesso è meno vigilato dalla sorveglianza unica. Mentre un paese come l'Italia l'esatto contrario. Poi però vediamo che Wolfgang Schaeuble, presidente del Parlamento tedesco, che dà mandato di chiedere i bilanci delle nostre banche, con un gesto politico di sfiducia verso il nostro paese francamente inopportuno. Dovremmo anche riflettere sul come ci è messi in mano a chi gestisce la vigilanza con criteri pensati per banche grandi e che al momento è egemonizzata da altre realtà.

D. Cosa ha lasciato in eredità il governo Renzi sull'interlocuzione con Bruxelles?

R. Con l'Ue ha lasciato un rapporto tutto da costruire. Ho la sensazione che in termini generali, come mi sto rendendo conto qui in Commissione, abbiamo avuto un atteggiamento passivo e povero di proposte verso ciò che accadeva in Europa, per un serie di motivi: per il pregiudizio ideologico secondo cui tutto ciò che l'Ue faceva era buono, con l'interesse nazionale sostituito da quello europeo. L'esperienza di successo in Europa è quella tedesca, basata su una forte difesa degli interessi nazionali e di contemporanea forte presenza nelle istituzioni europee. Per cui i governi precedenti hanno lasciato una specie di tabula rasa, su cui noi vorremmo costruire qualcosa.

D. E sulle banche?

R. Ci sono state ferite alla fiducia di cittadini e risparmiatori, derivate da operazioni che, anche all'interno del Pd, oggi vengono lette col senno di poi in modo piuttosto critico. Il caso più parossistico è stata l'accettazione un po'remissiva e l'applicazione anticipata del cosiddetto bail in che ha prodotto una crisi senza precedenti. Oltre a vicende che, per qualsiasi, altro governo, sarebbero state difficili da gestire come le Popolari venete che hanno lasciato cicatrici. Quei risparmiatori mi scrivono adesso decine di lettere, poco fa ho proprio ricevuto una delegazione guidata dalla prof.ssa Lusardi che gestisce il progetto di educazione finanziaria, coordinato da quattro ministeri. E'emerso che prevenire costa neno che curare.

D. Troika e austerità: in Senato ne ha parlato a proposito degli incendi in Grecia. E in Italia?

R. Non ha funzionato né in Grecia né in Italia. Nonostante gli sforzi di eroici personaggi con ottimi curricula, come Carlo Cottarelli, è evidente come i tagli di Monti abbiano fatto aumentare il rapporto debito/pil. Il ministro Tria ha appena lasciato intendere di voler restare nel solco che era stato tracciato l'anno precedente: ma poi però si ragionerà su margini più ampi di negoziazione con Bruxelles. Circa le accuse che ci sono rivolte sulle mancate coperture delle nostre misure, mi riservo di rispondere con dati alla mano. Quando ci dimostreranno che la spesa che proponiamo non è coperta allora potremo ribattere. In questo momento la palla è nelle mani del governo, di cui io non faccio parte perché un semplice parlamentare impegnato nel processo legislativo.

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