Non c'è nulla da scandalizzarsi per il ricorso alla fiducia sul Rosatellum, ammette il prof. Giovanni Guzzetta, docente di Istituzioni di diritto pubblico presso l’Università di Roma “Tor Vergata”. Piuttosto quando la politica sposta l'attenzione su altri binari vuol dire che a latitare è la consistenza della proposta stessa.
Il Presidente del comitato promotore dei referendum elettorali del 2009 sulla legge elettorale, che tra l'altro ha elaborato i quesiti referendari nel 1993, non si scompone per le critiche giunte al Governo Gentiloni e al Pd renziano. Anzi, osserva con pragmatismo che altro non si poteva davvero fare, sia per la prossima fine della legislatura sia perché è sul Rosatellum (e non su altro) che si è coagulata una maggioranza.
I motivi della sua reazione andrebbero chiesti solo a lui, penso che il suo comportamento sia stato assolutamente corretto sul piano istituzionale. Rispetto la sua scelta, maturata prima ma concretizzatasi succesivamente, di effettuare un cambiamento nella propria collocazione politica. E'chiaro che siamo difronte ad una figura che ha un profilo istituzionale, ma è anche un parlamentare e non gli si può impedire di esserlo, quindi di avere le proprie convinzioni politiche e maturare scelte conseguenti.
Perché non si è scandalizzato sulla fiducia posta sulla Legge Elettorale?
Bisogna distinguere il piano dell'opportunità politica da quello della legittimità. Circa il primo la valutazione sull'uso della fiducia va fatta in ambito politico. Personalmente non ho alcuna difficoltà a dire che, se non fosse stata posta la fiducia, la tensione politica sarebbe stata minore, ma è stata una scelta di stampo politico. A livello costituzionale non c'è alcun problema, per il semplice fatto che non esiste un principio costituzionale che imponga una procedura speciale, se non il quarto comma dell'art. 72. Per cui se il Presidente avesse voluto attribuire alle scelte sulla Legge Elettorale un significato differente, lo avrebbe fatto a cominciare dalla previsione di maggioranze diverse. Ha scelto l'approvazione a maggioranza che le minoranze subiscono senza poterla condizionare in alcun modo. Ma quest'ultima ribadisco essere una scelta politica e non costituzionale.
La fiducia sulla Legge Elettorale non è proprio una primizia, vero?
E'già accaduto varie volte in passato, anche nella legislatura repubblicana e anche con riferimento a personalità la cui sincerità democratica credo non possa essere messa in discussione a maggior ragione quando c'è un'urgenza di decidere aggravata da una scadenza oggettiva, data in questo caso dalla vicina fine della legislatura. Inoltre si giustifica col fatto che la legge stessa in questi casi è il frutto di compromessi molto delicati raggiunti fra i partiti. Per cui cambiare anche una sola virgola all'interno della disposizione avrebbe rischiato di far saltare l'accordo complessivo. E al fine di “blindare” il testo si pone la fiducia.
Nascondere il dissenso politico dietro l'alibi della incostituzionalità, dunque, è segno di cosa?
E'uno sport che si pratica sempre di più in Italia e rappresenta il segno di una debolezza della politica che non ha o non ritiene di avere la sufficiente credibilità presso gli elettori: per cui si appella ad un intervento superiore, della Corte Costituzionale. Il motivo? Perché forse non è in grado di convincere gli elettori della bontà delle proprie opinioni e proposte. E'come quando si sta perdendo una partita e ci si appella alla violazione del regolamento.
Cosa si rischiava?
C'era l'esigenza di decidere: si rischiava di andare alle urne con una legge che nessun Parlamento aveva votato, semplicemente il frutto del provvido intervento della Corte.
Ma alla fine il dibattito parlamentare è stato poi così strozzato?
In questa legislatura si discute di Legge Elettorale da quando la Corte ha bocciato il Porcellum, quindi dal 2013. Più in generale da trent'anni. Inoltre siamo in una società in cui il dibattito non si limita solo al contesto parlamentare, ma anche all'opinione pubblica e sul punto credo siano stati usati fiumi di inchiostro. Per cui questa legge è un moncherino sopravvissuto alla scure dell'incostituzionalità. Penso che un Parlamento che si rispetti avesse il dovere di intervenire e sarebbe stato più grave e discutibile per le forze politiche non farlo.
Quindi il Rosatellum è davvero il meglio che la maggioranza potesse proporre?
Il meglio va valutato non in termini tecnici ma politici: direi che, essendo l'unica cosa che si è riusciti a fare, dal punto di vista politica è stata certamente il meglio. Poi sul merito si può dissentire, ma in passato ricordo che i tentativi siano stati molteplici. E questo è l'unico ad essere riuscito sul quale si è coagulata una maggioranza. Ma sia chiaro, non è questa una materia blindata: il prossimo Parlamento se vorrà potrà benissimo intervenire. Non mi pronuncio sul merito politico, ma sulle dinamiche costituzionali e contingenziali.
Perché non il Mattarellum, allora?
Non posso dirlo io, in quanto in conflitto di interesse: sono stato tra coloro che hanno steso il quesito referendario nel 1993 introducendo di fatto il modello Mattarellum, e anche affettivamente ne sono legato.
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