Non serviva certo l'ufficialità della nomina di Antonio Tajani a vicepresidente di Forza Italia per immaginare come il nuovo “commissario” del partito arcoriano avesse per le mani una patata bollentissima.
Il partito cala continuamente nei sondaggi, che adesso lo danno all'8%, ma soprattutto molta della classe dirigente di ieri è in fuga verso altri lidi più sovranisti. Ciononostante è il maggio 2019 ad essere cerchiato in rosso nell'agenda politica di eletti e candidati, non fosse altro perché le europee saranno probabilmente un bagno di sangue se non si invertità la tendenza quanto prima.
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Certo, dicono i retroscenisti romani, molto dipenderà dalla tenuta del governo nazionale ma quella per il momento è un'altra partita.
Adesso il pallino non ce l'ha in mano nessuno in Fi, a meno che il famoso nuovo corso passi, come lo stesso Tajani ha detto in alcune interviste, da un tris d'assi: congressi, giovani e amministratori capaci.
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Anche in Abruzzo si attende questa svolta, con la visita a Pescara del Presidente del Parlamento europeo il prossimo 14 luglio, dopo la tappa campana e prima di quella lucana. Sarà l'occasione per fare chiarezza su scenari e ambizioni, con le regionali ormai alle porte e le rivendicazioni, più o meno velate, di praticamente tutti i player del centrodestra.
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Martino, Di Stefano, Sigismondi, Bellachioma, civici: tutti hanno già detto da che parte stanno e che parte intendono recitare. Il prossimo passo è la definizione di schema e candidati, per affrontare la campagna elettorale in un modo, oppure rompere la consuetudine del centrodestra di ieri, come in molti iniziano a ripetere ad alta voce, e abbracciare una nuova e inesplorata frontiera.
Nel mezzo, però, un territorio sventrato da anni di lotte intestine e mortificazioni, promesse e sterili tagli di nastro, con interi pezzi d'Abruzzo isolati, inascoltati e mortificati.
Una ragione in più perché chi dovrà decidere caselle e loghi non dimentichi l'importanza, sociale ed umana, dei territori. Da lì servirà ripartire.
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