“La Lega correrà da sola alla regione? Sarebbe la conferma che a loro interessano solo le poltrone”. La dichiarazione del segretario regionale del Pd ha due vizi: uno di forma e uno di sostanza.
Il primo verte sul fatto che manca clamorosamente il bersaglio terminologico: se c'è una cosa che non si può imputare oggi alla nuova Lega salviniana che si sta allargando a macchia d'olio anche nel centro e nel sud Italia è proprio il virus della poltronite, tanto caro al piddì abruzzese invece.
Semplicemente perché fino ad oggi a queste latitudini non ne hanno avuta neanche mezza.
Sembra ieri quando i “fazzoletti verdi” raccoglievano in Abruzzo o in Calabria, in Puglia o in Basilicata percentuali da prefisso telefonico che, con un lavoro di testa e anche di pancia, si sono tramutate nei numeri scaturiti lo scorso 4 marzo.
E ancora: la sostanza della vulgata di Rapino ha un altro elemento nella debolezza contenutistica. Si tratta della famosa doppia carta da giocare di cui si ragiona ormai da mesi, e non solo qui, ma in Abruzzo particolarmente visto che questo territorio, come abbiamo osservato da queste colonne, si è fatto laboratorio del nuovo corso ben prima dello scontro sul nome di Foa al vertice della Rai.
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E'un modello predeterminato che è ormai entato in crisi, al netto delle percezioni del dirigente locale di turno. Una strada è stata imboccata a Roma, nessuno se ad oggi sa potrà essere o meno replicabile negli enti locali.
Ciò che è evidente è, invece, che i grandi contenitori regionali stanno mancando una occasione di evoluzione, di proposte e modi. Come se tutto fosse come prima, come se Pd e Fi non avessero preso i voti che hanno preso alle politiche, come se i sondaggi che li danno in costante calo (con gli azzurri messi peggio) non esistessero.
Ecco, al di là di come andrà a finire per le regionali, di quali e quante alleanze si concretizzeranno, spicca la mancanza di capacità analitica del piddì abruzzese, pachidermico nel cogliere i segnali dei territori, lento nel capire che le tremila persone di Silvi Marina non sono xenofobi tifosi della razza bianca.
Ma solo cittadini, imprenditori, commercianti e pensionati che chiedono un cambio di passo.
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