Chissà se gli strali della Turchia contro tutto e tutti non stiano celando i veri problemi di Ankara, che riguardano conti in disordine e svalutazione della lira. Da tempo qualcuno parla di “economia a lenta combustione” e oggi arriva un ulteriore crollo del 2% della moneta, fadendo segnare il record negativo di sempre.
Ma il colpo al sistema valutario turco non viene solo dalle borse, bensì dalla politica erdoganiana, che fa e disfa la banca centrale del suo paese come se fosse di sua proprietà e senza farsi guidare invece dai parametri economico-finanziari, prima che politici.
L'indice di riferimento della Borsa di Istanbul soffre ma nel paese si dà la colpa a Washington, rea di aver prodotto sanzioni contro due ministri turchi hanno che alimentato timori sul mercato. Ovvio che agli investitori non piaccia l'escalation politica, ma è altrettanto chiaro che non viene dall'esterno: bensì di scelta consapevole si tratta.
Per tutta risposta Ankara, anziché interrogarsi sui dossier rilevanti come i finanziamenti che riceve dai paesi del golfo (fino a quando?), la lotta all'Isis, il debito pubblico interno e le ingenti spese per la difesa diventata un vero pallino di Erdogan, punta il dito contro il predicatore Fetullah Gulen che da anni vive negli Usa. E ne ha chiesto a Washington l'estradizione.
Non va sottaciuto che la Turchia dipende dai fornitori di capitali e il debito estero esistente è finanziato in misura significativa a breve termine. Quindi resta vulnerabile a un prelievo di capitale. Se ciò dovesse accadere, il rischio di una crisi della bilancia dei pagamenti aumenterebbe.
Erdogan, anziché guidare con la testa le finanze del suo paese, ha scelto la pancia e lo sta portando secondo autorevoli analisti internazionali verso un mare ignoto e dall'alto rischio implosione. Questa la ragione del nervosismo su molteplici dossier come gli idrocarburi, la nuova centrale nucleare che ha in mente di costruire in terra turca di fronte alle coste cipriote, il deisderio di costruisi in casa nuovi mezzi militari come i droni che utilizza per sconfinare provocatoriamente nello spazio aereo ellenico.
A ciò si aggiungano gli episodi di antisemitismo che si segnalano ad Istanbul con scritte altamente offensive contro gli ebrei e il quadro appare chiaro nella sua complessità.
Il rischio che un player strategico del versante euromediterraneo possa implodere è alto. Qualcuno si spinge addirittura a dire che, un giorno o l'altro, l'uscita di scena di Erdogan non sarà quella di un comune leader che va spontaneamnete in pensione.
Ciò che resta al momento è l'anticamera di una crisi economica, frutto di pericolose e spericolate manovre finnziarie al solo fine di creare una specie di dittatura macro regionale.
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