E'dall'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca che anche in Europa ci si interroga sulle conseguenze economiche, politiche e sociali dell'America first. Il riferimento è al maglio del cosiddetto sovranismo, sventolato da alcune forze politiche in Ue in senso più estremo e da altre coniugandolo con quelle legittime aspirazioni che, ad esempio la democratica e progressista Francia, avanza su mille dossier come Libia e Asia.
Lecito chiedersi: fare gli interessi della propria Nazione è direttamente proporzionale a categorie antidemocratiche, neo-ottomane o dalla deriva dittatoriale? Il dibattito in verità si è snodato sino ad oggi solo nel fragile perimetro delle categorie, senza entrare nel merito e affondare mani e piedi laggiù, dove si celano le reali motivazioni di scelte commerciali e strategie geopolitiche.
Ad esempio: lavorare pancia a terra, così come il Presidente francese Emmanuel Macron ha fatto nell'ultimo anno, per portare a casa il miglior accordo di sempre tra Parigi e Pechino su nucleare e manzo è da sovranisti? E perché invece accelerare sullo sfruttamento del gas nel Mediterraneo orientale rintuzzando le minacce armate del Presidente-dittatore Erdogan, così come fatto dalla sesta flotta Usa in soccorso delle navi Exxon, sarebbe una mossa da ultrà sovranisti?
L'impressione è che ancora una volta si sia smarrita la retta via per inseguire coordinate fuorvianti, certamente più facili da manipolare politicamente e comunicativamente, mentre nel merito chi è più bravo continua a fare bene i propri interessi. Gli altri, come nella volpe e l'uva di Esopo, trovano scuse sulla bontà del frutto.
Il Mediterraneo sta vivendo in questo ultimo lustro una progressiva e costante mutazione, figlia essenzialmente di due fatti, distanti ma convergenti: il crack di Goldman nel 2008 i cui riverberi non sono ancora scemati nel vecchio continente e la prima sventagliata delle primavere arabe, mal gestite, che hanno condotto (assieme ad altri elementi) a nuovi ed inesplorati scenari, compreso il caos in Siria e Libia e all'anomalo e incredibile flusso migratorio che non si arresta, per la felicità di chi da quel business si sta arricchendo a dismisura.
Immaginare di gestire questa fase con categorie obsolete che nella politica e nell'economia non si trovano più, è come affrontare un safari con mappe del secolo scorso e senza un fuoristrada. Il nodo non è nella concezione degli Stati membri dell'Ue, ma nella loro esplicazione pratica: ovvero come riformare la pachidermica eurostruttura che non ha una difesa comune, né uno speaker di politica estera che sieda ai tavoli che contano, né una voce sola quando si tratta di affrontare problemi su scala mondiale, così come ad esempio fa il forum asiatico Sco.
Sta prendendo forma un nuovo ordine mediterraneo, fecondato in primis dalla trasformazione genetica post globalizzazione, terreno su cui il socialismo europeo ha clamorosamente perso la propria battaglia.
Certificarlo non significa essere pericolosi sovversivi, semmai pericolosi sono coloro che intendono ibernare lo status quo auspicando scioccamente che il tempo sani le ferite. Mentre invece i fatti della storia vanno osservati, metabolizzati e interpretati. E poi affrontati con occhi nuovi.
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