Non accenna a stemperarsi la tensione in Siria, con la mossa americana che prelude ad altro caos in un fazzoletto di acque dove si stanno concentrando portaerei e fregate. Trump ha deciso di inviare anche il cacciatorpediniere Donald Cook nelle acque siriane.
La nave ha lasciato il porto cipriota di Larnaca come conseguenza del presunto attacco chimico contro i civili che avrebbe ucciso almeno 70 persone a Douma e si trova attualmente nei pressi della base russa di Tartus.
La risposta russa non si è fatta attendere: quattro caccia hanno sorvolato a bassa quota il cacciatorpediniere come azione di disturbo, anche se da Mosca Mikhail Bogdanov, vice ministro degli Esteri e inviato speciale di Vladimir Putin in Medio Oriente, parla di “buon senso che dovrebbe prevalere sulla follia”.
Il presidente degli Stati Uniti e il primo ministro britannico Theresa May in una conversazione telefonica si sono detti determinati a non lasciare che proseguano gli attacchi chimici in Siria. Ma di fatto Londra non ha più l'autorevolezza di un tempo, mentre si rafforza in Europa la leadership di Emmanuel Macron, che di Siria ha discusso a lungo anche con il principe saudita Bin Salman in occasione della visita a Parigi di due giorni fa.
Non è sufficiente condannare oggi le azioni di Assad, piuttosto l'Europa si dovrebbe sforzare di essere un player significativo in questa partita, anche per evitare che uno scontro titanico si consumi in un quadrante, il Mediterraneo orientale, già gravido di tensioni e smottamenti.
A recitare un ruolo non secondario è l'Iran, il cui legame con Ankara e Mosca è visto come fumo negli occhi da Israele. Ma dopo il recente rimpasto di Trump alla Casa Bianca con la sostituzione del Segretario di Stato e in attesa della conferma al vertice della Cia di Gina Haspel, ecco che negli Usa si aspetta il procedimento di conferma del nuovo direttore, su cui si staglia l'ombra di una lettera di sostegno firmata da oltre cinquanta fra i nomi più importanti della sicurezza nazionale.
Significa che a Washington hanno capito come il momento sia assolutamente delicato e non sarebbe saggio ritardare nomine strategiche, dopo che comunque Trump ha cambiato pezzi importanti della sua squadra.
Che immagine si riflette della Casa Bianca nel Mediterraneo quindi? Quella di un player differente rispetto al passato, governato ad intermittenza e quindi potenzialmente pericoloso perché sprovvisto di una linea consolidata e stabile.
A est, invece, le idee sembrano più chiare: si è eretto un muro a tre (Mosca, Ankara, Teheran), si gioca su più tavoli e si scommette su una fase del tutto nuova che si apre anche per Bruxelles. Ma con il rischio che, da ininfluente, diventi addirittura inutile.
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