L'inconsistenza della Commissione europea in politica estera, che ha trovato il suo punto debole in lady Pesc, si scontra con l'attivismo della Franca di Emmanuel Macron che nell'ultimo anno, complice la vacatio di Angela Merkel impegnata nel suo “ultimo giro” al governo, si è caratterizzata per strategie e interventi (non solo nel quadrante Mediterraneo).
Un fazzoletto di direttrici e azioni che sono costate a Macron, oltre all'invidia di quelle cancellerie incapaci di fare davvero i propri interessi nazionali, anche l'attenzione per così dire di attori che guardano al Mediterraneo come a una proprietà privata.
E'il caso del Presidente turco Erdogan che continua senza tregua a “fare a pugni” con la diplomazia e con la geopolitica. Dopo il caso della nave italiana Saipem messa in fuga dalla marina turca e di quella americana della Exxon invece scortata nel Mediterraneo orientale dalla sesta flotta, adesso Erdogan indirizza i suoi strali contro l'Eliseo reo di un approccio “sbagliato” come mediatore nello scontro tra Ankara e le Forze Democratiche Siriane (Fds). E lo accusa: “Chi siete voi per parlare di mediazione tra la Turchia e un'organizzazione terroristica?”
Il riferimento è alla crociata ideologica (sconfinata nella pulizia etnica) che Erdogan ha intrapreso contro i curdi, una virulenza che trova il suo alfa anche nell'attacco turco alla città siriana di Afrin. Erdogan si è semplicemente messo coerentemente nella scia dei suoi predecessori che, dopo aver massacrato armeni, ponti, greci a Smirne e ciprioti, oggi in Siria ha deciso di giocare a risiko nel silenzio doloso e irresponsabile di un'Europa sempre più modesta, che non riesce a comprendere invece lo scatto di reni di Macron.
Il nodo qui non è tanto tra conservatori, socialisti, progressisti o liberali, ma attiene alla qualità dell'euro classe dirigente che non ha una visione politica di insieme, che mostra di essere assolutamente prigioniera delle mille contraddizioni di Juncker le cui commistioni se fossero state oggettivizzate in Italia avrebbero sollevato il vespaio di sfottò dalla stampa tedesca (che invece ora ha i suoi guai interni).
Una delegazione di rappresentanti delle Forze del Rojava (il Kurdistan dell'ovest) è stata ricevuta due giorni fa a Parigi dal presidente francese: tanto è bastato per provocare la reazione di Ankara che in queste ore sta continuando a tenere in carcere due militari greci con l'accusa (fino ad oggi mai formalizzata) di spionaggio.
Ma c'è dell'altro: in un quadrante assolutamente strategico come il Mediterraneo orientale, dove le due “faglie” di Europa e Asia stanno dando vita ad una lotta senza quartiere (e attendendo le elezioni irachene in maggio) spicca la sola figura macroniana come punto di riferimento tanto a ovest per Washington, quanto a est per Mosca e Pechino.
Nel mezzo è l'Europa che sta scomparendo, indaffarata in mille rivoli burocratici e con un sistema che di fatto ha messo fuori dalla stanza dei bottoni teste e neuroni.
Da oggi, casomai ce ne fosse ancora bisogno, si staglia una nuova realtà con cui confrontarsi: in Ue ormai c'è solo Macron, per questo Erdogan lo attacca così. E la pochezza politica di Bruxelles potrebbe costare cara al vecchio continente, ancor più dopo che il dossier energetico sta deflagrando nel Mediterraneo orientale.
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