Niente pianti o proclami, sono fatti per ora dall'Eliseo: all'orizzonte altri affari e contratti, mentre altri litigano o cincischiano. Dopo la missione in Cina, che ha fruttato accordi su nucleare e manzo, Emmanuel Macron si affaccia al mercato indiano per portare a casa altri risultati, in attesa di ricevere a Parigi il primo ministro giapponese Shinzo Abe.
In questo fine settimana di visite in India il Presidente francese, accompagnato dalla moglie Brigitte, da cinque ministri e da una folta delegazione di Ceo, ha l'ambizione di rafforzare la presenza francese, ancora timida, a quelle latitudini.
Il tutto rientra in quella strategia ariosa di gestione della globalizzazione, che Parigi non sta subendo come altri mercati ma sta affrontando con programmazione e astuzia. Non ha senso, è la vugata di gran moda nel paese, scagliarsi contro chi oggi per una serie di ragioni ha in mano una grande quantità di denaro e di possibilità economiche: più utile inserirsi in quei mercati dove il ceto medio è adesso in fase di costruzione (come appunto l'India, ma anche come Cina, Russia, Giappone, Brasile) per trarne benefici commerciali e quindi occupazionali.
Energia, difesa, ambiente e libero scambio: questi i quattro capisaldi di meeting e one to one che si svolgeranno, con sullo sfondo la decisione dell'India di aumentare i suoi dazi doganali, in particolare sulle importazioni di pannelli solari e ricambi auto. Nel mirino di Macron la sostituzione di Londra (alle prese con la gestione infinita della Brexit) come porta europea verso l'India. Parigi dunque si candida ad un neo colonialismo 2.0 che dialoghi con i nuovi mercati senza demonizzarli,
Cosa vende Macron agli indiani? La difesa al primo posto con il passato produttivo rappresentato dall'acquisto di sei sottomarini Scorpene nel 2005 (il primo dei quali è stato consegnato a dicembre 2017) e trentasei velivoli Rafale. Parigi punta a raddoppiare quegli ordini aggiungendo magari gli elicotteri Airbus Panther. Tecnologia e know how, quindi, in settori dove i denari delle nuove potenze da soli non possono bastare, ecco perché chi può (come Delhi) si rivolge a chi nel mondo offre il meglio (ragionamento che si può applicare anche all'Italia).
Macron dal canto suo prosegue a correre in un solco già scavato da tempo, come dimostrano le numerossissime visite ad esempio fatte in Africa dal suo ministro degli esteri: un altro segnale di come l'Eliseo intende la nuova fase della politica industriale, in un momento in cui Berlino è assente dalla scena per il semestre che sta conducendo al governo.
A proposito, sei mesi per un esecutivo: roba che neanche in Grecia o in Italia.
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