La guerra del gas a due passi da casa nostra: perché il Mediterraneo è fuori da queste elezioni?


Il caso Eni continua, con Ankara che mostra i muscoli e le nuove autorizzazioni sugli idrocarburi sono ignote ai nuovi parlamentari


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
06/03/2018 alle ore 11:44

Tag correlati: #depalo#eni#gas#impaginatoquotidiano#kosmondo

Non è giustificabile. Non è utile. Non è atteggiamento maturo. La scomparsa della politica estera, e quindi Mediterranea, dalla campagna elettorale appena conclusa è un errore blu.

Perché segna un plastico distacco da ciò che accade nel lago di casa nostra e che investe futuri affari e posti di lavoro, oltre che una fetta significativa della golden share proprio sul mare nostrum.

Una dinamica ancora una volta ignorata dalla politica italiana, impegnata nei caminetti di percentuali e riparto dei seggi. Un atteggiamento pericoloso e fuorviante che contribuisce ad allontanare Roma dai giochi che contano davvero, perché investono le dinamiche future sul Mare Nostrum che non è un quadrante distante dalle nostre coste ma assolutamente pertinente.

Secondo il consigliere del presidete turco Erdogan, Iyit Boulout "l'Eni sta cercando di entrare nella Zee di Cipro con due navi italiane ma da tre settimane la Marina turca lo impedisce".E ancora: "Lo dico chiaramente. In ogni settore in cui non diamo l'autorizzazione, a qualsiasi tentativo o provocazione il nostro Generalissimo (Erdogan) darà l'ordine di colpire. Nessuno ha dubbi a riguardo ", ha aggiunto.

Un'uscita gravissima, che è ancora più elefantesca perché diretta contro chi fino ad oggi ha scelto un low profile che oltre ad essere low è anche incomprensibile. Gli Usa hanno inviato nel Mediterraneo 4 fregate assieme a 2500 uomini a protezione di una nave della Exxon che si trova legittimamente nel Medierraneo orientale a caccia di gas, proprio perché si è aggiudicata una licenza nella Zee di Cipro.

Il silenzio di Bruxelles e di Roma non giova ad una situazione che sta assumento i contorni di una vera e propria escalation. Né è potabile il paragone con Berlino, dove solo dopo sei mesi si scorgono i contorni dell'esecutivo (l'ultimo) targato Angela Merkel. Possiamo criticare all'infinito la Germania, come legittimamete si fa su alcuni aspetti, ma circa l'operatività di Berlino faremmo bene a riflettere prima di alzare l'indice.

Il tutto mentre il parlamento di Atene ha ratificato i contratti per la concessione delle quattro licenze di esplorazioni di idrocarburi nel blocco 2 del Mar Ionio e nell'area di Arta-Preveza, Aitoloakarnania e nel Peloponneso nordoccidentale, con il blocco concesso al consorzio formato dalla francese Total, dall'italiana Edison e dalla greca Hellenic Petroleum (Helpe).

Come dire che mentre a Roma si stappano bottiglie e si masticano i numeri per alleanze e coalizioni, a 80 miglia nautiche dalle nostre coste si stanno decidendo i destini di nuovi affari e altrettanti posti di lavoro su cui i nuovi eletti farebbero bene a documentarsi.

E soprattutto, l'auspicio forse più pregnante, si scelga il ministro degli esteri e i relativi sottosegretari, con in mano i curricula e non il manuale cencelli.

 

twitter@ImpaginatoTw