“Senza la nostra autorizzazione, colpiremo chi entrerà nel Mediterraneo orientale”. La nuova minaccia viene da Gigit Bouloutas, consigliere del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che dall'emittente statale Trt insiste nell'alimentare l'escalation di tensione a largo di Cipro, dove la Turchia fa la voce grossa infrangendo leggi e trattati internazionali.
Secondo Bouloutas "Eni sta cercando di entrare nella Zee di Cipro con due navi italiane ma da tre settimane la Marina turca lo impedisce".
E ancora: "Vedete l'audacia? I ciprioti greci aprono la competizione e le navi italiane provano a mettere le trivelle nelle acque territoriali di Cipro. Lo dico chiaramente. In ogni settore in cui non diamo l'autorizzazione, a qualsiasi tentativo o provocazione il nostro Generalissimo (Erdogan) darà l'ordine di colpire. Nessuno ha dubbi a riguardo ", ha aggiunto.
In sostanza Ankara cerca lo scontro, nel tentativo di far rispettare pienamente i suoi piani, ovvero il pieno controllo dell'area. Secondo gli ultimi rapporti, il regime Erdogan tenta di ampliare il fascio di intimidazione per costringere Nicosia a ridisegnare il proprio ritmo nella Zee, e al contempo invia precisi messaggi alle aziende che operano nella Zee di Cipro, ma anche ai governi dei paesi di provenienza.
La Turchia ritiene, senza alcuna pezza di appoggio normativo, che Nicosia abbia oltrepassato le proprie prerogative circa lo sfruttamento degli idrocarburi e ad oggi nessuno scommette un euro sul possibile passo indietro di Erdogan. Anzi, se possibile il compromesso non potrà essere trovato con queste premesse, anche per via dell'assenza dal tavolo (a questo giro) di Berlino e Roma.
Il governo di Angela Merkel ancora non c'è per cui Erdogan sta navigando in mare aperto e a vele spiegate. Roma è anch'essa preda delle sue ansie elettorali, ma c'è chi giura che anche se non si fosse andato al voto non sarebbe cambiata una virgola.
I media ciprioti si sono addirittura spinti a scrivere ironicamente che una fregata militare italiana, intimorita dalla reazione turca, avrebbe fatto rotta verso il Libano “perché ha gasolio da spendere”, lasciano la nave dell'Eni da sola a fronteggiare le minacce turche di speronamento.
Il rischio di una Unione Europea debole e afona, con il commissario italiano Lady Pesc senza peso specifico alcuno, sta aumentando i danni collaterali conseguenti al blocco contro l'Eni. Con una Turchia che sta diventando egemone in quella macro regione, con accordi sigati con Algeri e Baku per nuovi progetti legati al petrolchimico, e con la guerra contro la Grecia per il possesso delle isole dell'Egeo senza che una opposizione venga avanzata.
Uno scenario complesso e altamente infiammabile, che Bruxelles non solo non sta governando ma che rischia di subire. Con tanti saluti alle promesse di una difeda comune europea che, mai come adesso, sarebbe stata utile.
Non c'è un Efialte, questa volta, da mandare alla gogna. Ma l'autodelegittimazione dell'Ue che non è soggetto attivo e credibile.
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