C'è una sottile linea celeste (il colore del gas) che unisce, in maniera sotterranea, i Fratelli Musulmani, il caso Regeni e lo scontro sui giacimenti nel Mediterraneo orientale? E'davvero cosa da complottisti immaginare di unire dei punti che, apparentemente sembrano distanti ma che poi, una volta scomposti e analizzati, presentano tratti somatici comuni?
Punto di partenza il giacimento Zohr, la più grande scoperta di metano in Egitto e in tutto il Mediterraneo fatta nell'agosto 2015 che per l'Italia presenterebbe dei vantaggi macroscopci. Per comprenderne le potenzialità è sufficiente guardare ai numeri: è stato avviato dall’Eni in meno di 2 anni e mezzo, un tempo record per questa tipologia di giacimento, come spiegato dal gruppo italiano.
Al suo interno Zohr contiene 850 miliardi di metri cubi di metano, che per avere un'idea, corrispondono a circa 5,5 miliardi di barili di petrolio. Il gruppo italiano detiene in pancia il 60% nella concessione, poi al 30% la russa Rosneft e infine la Bp con il 10%.
C'è qualche player concorrente che vede l'Eni come fumo negli occhi a quelle latitudini, o a cui dava fastidio ad esempio che Roma e Il Cairo avessero avviato un fitto rapporto proprio tarato sulle nuove politiche energetiche? E ancora, come leggere i silenzi di Bruxelles difronte alla scomposta azione di Erdogan, che con le sue fregate militari ha bloccato la nave italiana Saipem, con il plauso di chi in Italia gli ha dato anche ragione, così come sostenuto dal senatore Perduca sull'Huffington Post?
Esiste il rischio che una scellerata contaminazione tra scarsa conoscenza dei dossier e interferenze di potenze concorrenti possano mandare in tilt la già esile politica estera italiana che oggi, a differenza della Prima Repubblica, non ha più interlocutori che davano del tu alle cancellerie dei potenti? Interrogativi, legittimi, che un Paese desideroso di guardare ai prossimi 20 anni deve porsi, senza furia ideologica o fragili interessi elettorali, ma basandosi su ragionamenti ariosi ed analisi legate ad una visione.
Cipro è uno stato membro dell'Ue, ma la parte settentrionale dell'isola è abusivamente occupata dal 1974 da 50mila militari turchi che popolano la Repubblica autoproclamata di Cipro nord non riconosciuta dall'Onu in quanto frutto di un'invasione armata. Oggi Ankara minaccia quel che minaccia perché ingolosita dalle ricchezze di idrocarburi scoperte a Cipro, ma non può avanzare alcuna pretesa perché nessuna legge glielo consente, come il Trattato di Montego Bay, che anche certi commentatori italiani filo turchi ignorano palesemente.
Quando uno Stato straniero usa la minacca militare contro il fiore all'occhiello della nostra industria, non occorrono molte parole o fiumi di dichiarazioni, né di contro un uso altrettanto spregiudicato di sponde: semplicemente una strategia che risponda, in maniera credibile e costruttiva, a quelle minacce. Ma farlo fuori tempo massimo, così come il governo italiano ha fatto, equivale ad invitare il Presidente turco a replicare la propria condotta.
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