La fatwa contro la tintura e i silenzi islamici sul tiranno Erdogan


Ad Ankara non sanno più cosa inventarsi, o forse è strumentale: meglio non occuparsi di diritti e stampa libera


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
01/12/2017 alle ore 15:54

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Il problema non è solo la fatwa islamica di Ankara contro la tintura maschile (“inganna le gente”). Nè la secca contrapposizione sul piano religioso. Bensì la limitazione della libertà personale che in Turchia, sponda Islam o Erdogan poco conta, trova la sua summa.

Dove sono oggi i tifosi, anche in Italia, di una Turchia finalmente europea pronta a fare ingresso nel club di Bruxelles? Dopo il golpe farlocco hanno tutti perso la voce.

L'Autorità islamica di Ankara dice che tingersi i capelli è vietato, al pari di barba e baffi. La Direzione per gli affari religiosi della Turchia (Diyanet), la massima autorità islamica del Paese, mette ancora becco nella sfera più intima del libero individuo. Come se indicare il colore delle scarpe da indossare fosse sinonimo di vita eterna. Ecco il paradosso.

E'proprio in questo tratturo irto di contrapposizioni, slalom, minacce legate all'Isis e derive strumentali come quelle di Erdogan che usa la religione come una clava politica, che servirebbe aprire un dibattito franco e intellettualmente onesto.

Dove iniziano i principi della religione e dove invece iniziano strumenti di controllo delle menti e dei popoli, anche con la complicità sotterranea di leader avidi e dal piglio dittatoriale, come appunto il Presidente turco.

L'istituzione statale di Ankara rispondendo ad un appello pubblicato sul proprio sito ha così bocciato la pratica della tinta perché cozza con le regole dell'Islam. Ma quali sono queste regole?

E perché l'Islam non ha detto una parola, tramite la Diyanet, quando Erdogan ha fatto arrestare centinaia di giornalisti, magistrati, militari e curdi? Oppure quando la stessa Turchia ha operato una vera e propria pulizia etnica nei confronti di Armeni, Ponti e Ciprioti?

Dov'erano le istituzioni islamiche quando a Smirne nel 1921 migliaia di greci sono stati trucidati, depredati delle proprie abitazioni e costretti a fuggire dalla propria terra (anche grazie al silenzio degli inglesi)? Il nodo verte niente altro che sulla credibilità anche delle istituzioni internazionali che chiudono un occhio perché poi scattano accordi sotto banco o affari vantaggiosi per tutti. Che, come un fetido coperchio di ipocrisia, sotterra tutto e tutti.

Non c'è punto di partenza civile e democratico che non sia imbullonato alla libertà del singolo individuo, e quell'istituzione di Ankara con quella imposizione ha solo l'effetto di qualificarsi per quello che è (e per quello che non rappresenta).

"Tingersi i capelli, la barba o i baffi è permesso solo se lo scopo non è quello di ingannare la gente. Ma tingersi i capelli di nero per un uomo non è mai ammissibile. È ritenuto inappropriato", si legge nella dichiarazione della Diyanet.

 Inappropriati sono invece i “non so” pronunciati dai mille radical chic, che sull'onda di un entusiasmo fragile e futile non hanno aperto un solo libro di storia prima di occuparsi di Turchia, Ataturk e Erdogan.

 

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