Nubifragi in Grecia: ma prima del lutto nazionale si inchiodi chi ha tombato i fiumi...


La retorica della politica si infrange contro la realtà di chi, tra crisi, corruzione e geopolitica ha affondato il Paese


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
17/11/2017 alle ore 08:03

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Non è esercizio da forcaioli cercare responsabilità e invitare chi sbaglia a pagare: solo la normale amministrazione di uno Stato e di una comunità. Come accadrebbe in un'azienda privata: se i conti non tornano, il Ceo va a casa. Ma vedere oggi che il Governo greco annuncia il lutto nazionale per i 16 morti dopo il disastro provocato dal maltempo in Attica senza che nessuno dica una parola sui fiumi tombati e sui territori stuprati è da far venire il voltastomaco.

La regione dell'Attica da sola ospita il 50% della popolazione ellenica, circa cinque milioni di persone. Da anni ormai alcune zone sono abbandonate a se stesse: troppo forte la tentazione di non occuparsi delle periferie, dei quartieri popolari, di città come Mandra o Nea Peramas: buone solo per chiedere consensi e voti alle elezioni, ma poi da far scivolare subito nel dimenticatoio. Ed eccolo servito su un piatto d'argento il risultato inevitabile.

Fiumi tombati, piano regolatore assente in tutta la Grecia (in tutta la Grecia!): roba che nemmeno nello Zimbawe di Mugabe, mentre al centro dell'Egeo in tutte le città c'è un palazzo costruito a un metro dal balcone del vicino (tanto per avere un'idea). Il festival dell'abusivismo, dove a perdere sono stati tutti ma prima di tutti i poveri disgraziati.

I sedici morti del nubifragio di Mandra sono lì che chiedono un perché. Alcuni anziani sono stati trovati cadaveri nelle proprie abitazioni, dopo essere stati investiti da onde di fango e terra alte due metri. Che cosa accade se si stupra un territorio in questo modo? Non inganni, però, la ricerca della verità: non è colpa del progresso se oggi si contano morti, feriti e danni in Grecia. Non è colpa di strade, autostrade o aeroporti: sarebbe troppo comodo scaricare sul consueto capro espiatorio a cui spesso si aggrappa anche la politica. Altrove si costruisce bene e nessuno muore. Quindi?

La prima responsabilità è di chi non ha avuto uno straccio di progetto in mano. In Grecia sino a pochi anni fa l'esproprio di un terreno da dove far passare questa o quella arteria era condotto senza strategia ma a colpi di migliaia di euro: da clan, centri di potere, partiti assetati, amministratori incapaci di una visione ma capaci di rubare galline e uova. Hanno così depredato le casse dello Stato e svilito un Paese intero: e, fatto ancora più grave, senza una direttrice di sviluppo.

Vedere oggi il premier ellenico passeggiare tra le rovine di Mandra (perché di rovine purtroppo si tratta) e ringraziare i Vigili del Fuoco, fa venire alla mente il Marchese del Grillo che lancia due monete infuocate al popolo sotto il suo balcone. I Vigili del Fuoco, al pari di poliziotti, guardie mediche e altre categorie sensibili, oggi in Grecia guadagnano un tozzo di pane ma hanno una grandissima responsabilità. Salvano vite, impediscono tragedie, rischiano se stessi.

Oggi in Grecia la politica annuncia il lutto nazionale per le sedici vittime, ma oggi è anche il 17 novembre: un anniversario legato alla storia recente ellenica, al Politecnico e alla presunta democrazia socialista successiva che ha dato il “la” al disastro odierno regalando prebende e acquistando da Berlino sottomarini con il timone rotto.

Questa data ha anche offerto il nome alla brigata terroristica che ha ammazzato 27 persone in 23 anni e il cui capo riconosciuto (Dimitri Koufodinas attualmente in carcere) si è visto regalare dal governo Syriza anche un permesso-premio.

Il nubifragio sociopolitico in Grecia continua. E non si ferma.

 

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