Chi chiede un'analisi seria (in Italia e in Europa) sul glifosato


Il pesticida è usato parecchio in Canada, da cui l'Italia acquista grano per pasta e pizze: ma si rischia davvero?



Non ci sono solo sovranisti e grillini a chiedere di accendere un focus serio sul glifosato, il pesticida usato in Canada da cui l'Italia acquista grano. Ma anche in Francia, dove un gruppo di 1700 medici ha chiesto in questi giorni la sua rimozione.

Il pesticida più utilizzato nel mondo è finito dritto nel mirino dell'Unione Regionale dei Professionisti della Salute di Aquitania, della Lega francese contro il Cancro, dell'Associazione medici pesticidi (AMLP). E il dott. Pierre-Michel Périnaud, medico di famiglia a Limoges si è messo alla testa di tale levata di scudi.

Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità il glifosato è un probabile cancerogeno “per gli esseri umani”. Sì, ma che vuol dire probabile? Un report ad hoc ha concluso che il prodotto è cancerogeno agli animali da laboratorio. E per gli uomini?

Sulla partita del grano al gilofosato, quindi, servono più che mai punti fissi: le importazioni in Italia di grano dal Canada sono ormai una costante, ma ciò che lascia perplessi è la cronaca che racconta ai cittadini più di quello che dovrebbe fare la politica. Qualche mese fa nel porto di Bari fa sono state riscontrate su 50mila tonnellate molte irregolarità in termini di residui di deossinivalenolo. Si tratta di una micotossina causata dall’uso intensivo di glifosate, il diserbante utilizzato proprio nella fase di pre-raccolta che in Italia è una pratica vietata. (anche se Barilla si difende puntando sul fattore prezzo).

In attesa degli esami approfonditi su cui eventualmente si tarerà l'azione della magistratura, è chiaro che non è possibile restarsene con le mani in mano. In Italia del probema se ne sono occupati i cosiddetti sovranisti e il M5S. Anche perché non stiamo parlando di un alimento seondario o per pochi, bensì della stragrande maggioranza dei consumatori, dei produttori italiani, dei commercianti che con quel grano fanno pasta, pane, pizza. Il brand italiano per eccellenza, tra l'altro.

Ma sul punto si sta consumando un derby tra istituzioni: lo Iarc lo considera cancerogeno ma l’Efsa no. La Commissione Europea preso atto del divario fra i due enti citati dovrebbe pronunciarsi a breve se rinnovarne l’autorizzazione. Intanto c'è chi è sul piede di guerra, come Coldiretti e l'associazione GranoSalus, e si attivano per effettuare analisi e comporre un mosaico con qualche certezza in più.

Dai risultati dell'utimo test di GranoSalus, condotto da un laboratorio accreditato su 20 campioni di semole rimacinate di grano duro, è emersa la presenza di residui di glifosato. Ma intendiamoci: i casi riscontrati erano nei limiti di legge. Inoltre è emerso che a linea Coop Vivi Verde garantisce assenza di residui nel formato, ma ciò solo quando l’origine del grano è 100% italiana. Una notizia che se da un lato tranquillizza i consumatori di prodotti con l'esplicita dicitura “grano italiano”, dall'altro allarma chi acquista prodotti con una percentuale diversa.

Motivo in più perché Bruxelles dica una parola definitiva sulla questione, prima che i soliti cinesi ci freghino in qualche modo, magari con un riso diverso oppure con una strategia di marketing che sorpassi a destra la nostra pasta. Uno scenario in cui il Ministero dell'Agricoltura italiano dovrebbe prendere una posizione netta verso la verità dei fatti.

 

 

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