Esplosivi, basisti e dormienti. Cosa lega le penetrazioni islamiste in Germania e il caso Libia


Senza un'intelligence europea (in stile Mossad) sarà difficile rispondere colpo su colpo ed elaborare una vera strategia programmatica


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
31/10/2017 alle ore 12:23

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Sono due i dossier su cui i servizi di tutta Europa si stanno concentrando, anche se ancora in modo disarmonico e senza una reale cornice d'insieme: le penetrazioni islamiste in Germania e il caso libico ancora irrisolto.

L'arresto a Schwerin di un siriano, sospettato di preparare un attacco esplosivo islamista, è l'ennesima spia che ci consegna un territorio frastagliato, non completamente bonificato e a forte rischio radicalizzazione. E'anche su questi temi che la vittoria della Cancelliera Angela Merkel alle scorse elezioni non è stata schiacciante come le precedenti. Le forze speciali della Polizia Federale e dell'Ufficio della Polizia Criminale stanno, in queste ore, scandagliando una serie di appartamenti sia a Schwerin che anche ad Amburgo ma con un occhio a Wittengerg, dove era in programma un grande evento pubblico, con cittadini e associazioni. Un facile bersaglio, troppo vicino al luogo dell'arresto per essere solo una coincidenza.

Il 19enne finito in manette è sospettato di aver pianificato e preparato un attacco di matrice islamista con esplosivi in ​​territorio tedesco, anche in virtù di un precedente che risale al luglio scorso quando era stato attenzionato dall'intelligence. E'emerso che negli ultimi due mesi si è procurato componenti e prodotti chimici necessari per costruire una bomba. Materiale che non si trova nei supermarket, per questa ragione gli analisti propendono per agenti dormienti e adepti legati all'universo jihadista che fanno da supporto per queste azioni. Cane sciolto o meno, le cellule di appoggio ci sono, tanto in Germania quanto in Belgio, e non serve a nulla far finta di niente.

E a nulla servono i richiami della Commissione europea che, da Bruxelles, chiede che le città e i comuni si proteggano meglio in futuro contro gli attacchi terroristici. Ma il "Piano d'azione per una migliore protezione degli spazi pubblici" partorito dagli uffici Ue non potrà essere realmente utile senza una regia d'insieme: quella rappresentata da un servizio segreto davvero europeo, (in stile Mossad per intenderci quanto a competenze e livello), che sia la summa delle eccellenze militari e analitiche, dove un ruolo (piaccia o meno a Parigi e Berlino) dovrebbero averlo le menti italiane.

Troppo volte ci si dimentica che le forze dell'ordine del nostro Paese si sono “formate” in un poligono reale e non virtuale, grazie alla contemporaea presenza degli anni di piombo, delle Br, della criminalità legata a Mafia, Camorra, N'drangheta e Sacra Corona. Un bagaglio di esperienze e prassi che i colleghi degli altri stati membri non hanno avuto.

Cosa c'entra allora la Libia? Molto. Perché lì, in quel fazzoletto di Africa che si spinge fino alla parte subsahariana, si è creato un vero e proprio corridoio non solo per i flussi migratori che, copiosi, si muovono da Senegal e Nigeria verso l'Europa, ma per i foreign fighters dell'Isis che transitano assieme ad armi e merci di varia natura (tutte contraddistinte dalla ovvia e lucrosa illegalità).

In Libia il generale Haftar ha “bonificato” la zona di Tobruk, anche grazie al sostegno di Mosca e Il Cairo. A Tripoli Serraj, l'uomo scelto dall'Onu per la normalizzazione istituzionale della Libia, fatica ancor a venir fuori dalle sabbie mobili dell'instabilità. E la fuga in avanti fatta da Macron la scorsa estate, estromettendo di fatto Roma dalla cabina di regia, è un altro elemento che ritarda la costruzione di una difesa europea e di un'intelligence davvero comune.

Certo, poi l'Italia ci mette (come sempre) del suo: la chiusura dello spazio aereo dalla Libia anziché essere cassata, vista la possibilità di istituire voli diretti da Malpensa e Fiumicino per Tripoli, è stata prolungata ancora fino al 27 gennaio.

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