E adesso serve un'inversione a U della governance regionale, di quelle che fanno girare la testa (ma rimettere in carreggiata l'auto). Un report basato sui dati di Camera di Commercio e Movimprese infligge una sentenza durissima alla provincia aquilana: triplo crollo per le imprese con una perdita secca di 636 unità.
La provincia dell'Aquila decresce del 2,46% rispetto allo 0,77% del resto d'Italia nel triennio dal gennaio 2014 al dicembre 2016, scendendo da 25.837 a 25.201. Dati che rappresentano la plastica raffigurazione di una situazione di emergenza che si sta aggravando, anche a causa del ritardo con cui la politica disegna strategie e risolve esigenze.
Al primo posto di questo piccolo grand record negativo c'è il comparto agricolo con meno 317 imprese che corrisponde a meno 7,84% contro il -3,71% italiano: una debacle per un territorio che ha nel suo bagaglio strutturale proprio la capacità di produrre unicum legati alla regionalità e al made in Italy.
Se si pensa all'olivicoltura, spicca il fatto ad esempio che i due terzi degli uliveti d'Abruzzo attendono la pioggia perché non sono dotati di un sistema di irrigazione professionale. Una bestemmia nell'Italia delle eccellenze e della ripartenza che in questi anni sta mostrando buoni trend proprio alla voce enogastronomia/agricoltura, con sempre più laureati in legge che appendono il titolo nel ripostiglio e si cimentano in questa nuova forma di imprenditoria.
A seguire le costruzioni (-351), il commercio (-187 con un meno 2,85%), l'industria (-149 con meno 6,47%). Il segno più è stato riscontrato solo nelle attività ricettive (+68), nei sevizi alle imprese (+103) e negli altri sevizi (+197).
Insomma, la politica regionale è chiamata direttamente in causa per spiegare questi numeri e sforzarsi di invertirli. Così come osservato su queste colonne a proposito dell'ottima performance abruzzese nella classifica mondiale dei buenos retiros, occorre una strategia composta e di insieme: si convochino tutte le energie produttive abruzzesi, le imprese, il mondo delle professioni e i capisaldi dell'artigianato e del mondo agricolo e si stabilisca, insieme, un decalogo di azioni per i prossimi due lustri.
Solo in questo modo sarà possibile armonizzare esigenze delle categorie e approcci di visione alle nuove sfide (come le nefaste previsioni per la raccolta delle olive), non perenni inseguimenti di uno stato di emergenza.
Ma solo a patto di avere idee davvero funzionali che facciano "sistema". Altre promesse non servirebbero granché.
twitter@ImpaginatoTw