“Non esiste una moralità pubblica e una moralità privata - ebbe a dire Sandro Pertini - . La moralità è una sola, perbacco, e vale per tutte le manifestazioni della vita. E chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto”.
Concetti alti, quelli espressi dal Presidente della Repubblica. Ma anche scomodi e, oggi, forse in disuso.
Ergo, la morale è cosa seria e delicata, da maneggiare (e invocare) con cura. Come un vaso di porcellana da mille e una notte, come una bottiglia di Châteauneuf-du-Pape invecchiata di trent'anni, come un germoglio che spunta in un'oasi nel deserto.
E quanto più è delicata e sensibile, tanto più va gestita con oculatezza e spasmodica attenzione. Pesando finanche le virgole, i sospiri, le pause. Per dire, è nato un partito (in rete) basato sul concetto di moralità, sono state fatte (giuste o sbagliate che siano non è questa la sede) moltissime battaglie, in Parlamento e fuori, sulla moralità.
Per cui in un luogo assai peculiare come l'Abruzzo, con le cicatrici bene in mostra dei terremoti patiti, dove l'ambiente spesso è una spugna da spremere e ri-spremere (chiedere a Bussi per informazioni), dove le promesse della politica troppe volte restano lettera muta, dove si può parlare giustamente di nuovi diritti e arcobaleni sociali ma non di infrastrutture e alta velocità, in questo luogo che è una regione bella e invidiata dai cinque continenti (come dimostra la storia del buen retiro) bisognerebbe fare attenzione a parlare di moralità.
La moralità, intesa come gemma preziosa, come prisma luminoso e dall'inestimabile valore, o vale sempre o non vale.
Invocarla giustamente e a ragione per la strada Fondovalle Sangro, significa però un minuto dopo farlo coerentemente anche per le vittime di Rigopiano;
per chi non ha controllato o non ha creduto;
per chi è imbucato negli uffici pubblici;
per chi chiude un occhio sull'abusivismo;
per chi ha consentito lo stupro di Bussi;
per chi moltiplica le prebende regionali che sono il vero buco nero dei conti in rosso italiani;
per chi investe 9 milioni di euro in sei per tre;
per chi non accelera la ricostruzione post sisma;
per chi taglia i nastri ma poi non conclude i cantieri;
per chi ha paura della modernità e si rifugia nel proprio collegio;
per chi, semplicemente, potrebbe dare le carte a questa mano di poker ma anziché far vincere l'Abruzzo, gioca a perdere.
Un certo Socrate anni fa, proprio per un religioso rispetto alla morale (propria, altrui e delle leggi dello Stato), decise di bere una coppa di cicuta. Non certo uno spritz.
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