C'è il rischio che il presidente turco Erdogan decida di aprire le frontiere ai 4 milioni di profughi e migranti detenuti su suolo turco? Cosa accadrebbe in quel caso alla Grecia e all'Europa? C'è la possibilità di una nuova crisi migratoria come in occasione del lager di Idomeni?
Quesiti su cui molti analisti stanno in queste settimane ragionando, al pari delle cancellerie europee e delle forze di sicurezza, dal momento che le policies del presidente turco sono ormai guidate da logiche semi-ricattatorie e non organiche ad un comunque legittimo disegno politico.
Intanto è aumentato del 9% ad agosto 2019 (rispetto al luglio 2019) il numero degli arrivi di migranti in Grecia. Lo rivelano i dati Frontex. Secondo l'Organizzazione europea della guardia di frontiera e costiera, il numero totale di migranti e rifugiati in UE ad agosto è stato di 12.900, di cui 9.300 concentrati nelle isole dell'Egeo orientale. Questo è il doppio del numero di persone rispetto allo stesso mese di agosto 2018, osserva Frontex. I fronti più colpiti sono le isole dell'Egeo orientale al collasso, come Lesbo che da sola ha ospitato circa 8mila migranti a fronte di una capienza di 3000. Per questa ragione il governo greco sta costruendo altri hotspot sulla terraferma per non danneggiare le isole che vivono solo di turismo.
Ma a preoccupare è la possibile nuova mossa di Erdogan che, nonostante abbia recevuto quasi tuttii 6 miliardi dall'Ue frutto dell'accordo con Bruxelles, minaccia di aprire le frontiere settentrionali con la Grecia e inviare i migranti che ha su proprio suolo (in totale 4 milioni).
Da un lato il sultano turco sa benissimo che il territorio ellenico è ormai presidiato da forze Usa, principalmente dislocate a Souda Bay con i sottomarini, a Larissa con i droni UAV e ad Alexadrupoli con fregate e uomini. Per cui qualora si dovessero percepire avvisaglie in questi termini, è di tutta evidenza come la notizia verrebbe diffusa un attimo prima che si verificasse. Ma resta il fatto che la frontiera settentrionale tra Grecia e Turchia è un sito sensibile e fruibile, al pari delle isole orientali che distano solo poche miglia dalle coste turche.
Dal suo palazzo presidenziale di 2000 stanze ad Ankara Erdogan sta giocando molte partite, con il rischio di fare confusione con le carte che attualmente ha in mano. Preme per avere un ruolo nella ricostruzione in Siria, flirta con il Medio Oriente in chiave anti Usa, lascia fare i Fratelli Musulmani che poi mettono le bombe in Egitto e dialogano con l'Isis.
Altro punto di domanda è fino a quando il capo turco potrà continuare a giocare col fuoco su tutti questi tavoli senza scottarsi.
twitter@ImpaginatoTw