Vademecum per un nuovo turismo in Abruzzo


Consigli non richiesti per fare (finalmente) di territori e enogastronomia un fattore di pil


di Francesco De Palo
Categoria: Editoriale
15/07/2019 alle ore 15:53



C’è una sottile linea rossa che va seguita, con applicazione maniacale, per rendere il turismo un decisivo fattore di pil e non solo elemento secondario. E’quella che parte da una lungimiranza politico-gestionale e che conduce a scelte nette e figlie di una mentalità vincente.

INESPRESSO

Troppe volte si è scritto e detto che l’Abruzzo è un patrimonio inespresso che, per le sue mille peculiarità paesaggistiche, culturali ed enogastronomiche, dovrebbe avere ben altri numeri alla voce turismo. Oggi la nuova Giunta regionale ha l’opportunità di costruire una nuova filiera turistico-industriale che sia in grado di armonizzare offerte e peculiarità da un lato (evitando autogol come quello di Caramanico Terme), ottenendo dall’altro un ritorno per l’oggi e la realizzazione di buone prassi per domani. Ma occorre una lucida analisi relativamente a programmazione e obiettivi.

Sono essenzialmente tre gli elementi basilari che devono essere metabolizzati da chi è nella stanza dei bottoni, per consentire poi di edificare la cosiddetta filiera di settore che, come ad esempio fatto in Puglia dalle giunte Vendola, portano posti di lavoro e utili costanti. Trasporti e viabilità, rete comunicativa per strutture interconnesse, management culturale.

STRADE

In Abruzzo i mille e più sentieri peculiari che ne fanno, dalla Majella al Gran Sasso, una delle mete più belle d’Europa per gli amanti del trekking, sono raggiungibili da una rete di strade provinciali in stato precario. Interruzioni con auto che passano ugualmente sotto gli occhi di turisti stranieri preoccupati (vedi Roccacaramanico), segnaletica stradale da rifare ex novo, asfalto costellato di buche in prossimità di quei borghi che invece andrebbero valorizzati con una rete trasportistica più efficiente e con strade in molti casi da rifare. Un po’come è stato fatto in Umbria, dove l’impatto turistico è davvero di un altro passo anche per merito di una gestione super professionale del settore. Treni e voli restano due nei oggettivi.

MEDIA

Per rete comunicativa integrata si intende un grande fratello del turismo regionale che svolga essenzialmente due funzioni. La prima quella di macro vetrina promozionale al cui interno il singolo turista, italiano o straniero, possa trovare tutte le informazioni utili al proprio soggiorno: quindi mete da visitare, strutture ricettive accreditate e accomunate dal marchio “made in Abruzzo” e consigli per quanto riguarda modi e tempi di viaggi e percorrenze.

La seconda (che fisiologicamente è propedeutica a tutto il resto) è quella di incubatore di energie che sia anche cabina di regia per esercenti, commercianti, albergatori e tour operators. Il tutto condito da uno zoccolo duro di know how storico-culturale che poggi le sue basi sul rapporto con le università e i poli musali regionali da mettere in comunicazione. Un portale prismatico e multilingue interattivo, con una forte presenza sui social media, che rappresenti il biglietto da visita abruzzese anche per chi, da neofita, vorrebbe ammirare un altro pezzo d’Italia ancora da scoprire.

POLSO

Terzo aspetto il management culturale, imprescindibile perché è il cappello da far indossare al turismo d’Abruzzo. Dal guerriero di Capestrano agli eremi, dalle specificità enogastronomiche ai prodotti made in Abruzzo, dai percorsi legati alla storia fino allo sbocco faunistico legato a specie rare come il lupo marsicano, passando per camei come la Torre del Cerrano. Un piglio che deve necessariamente avere un alfabeto di taglio industriale nel senso più puro del termine: non significa voler inquinare il meraviglioso clima d’Abruzzo per fare cassa, ma mettere a regime nel rispetto generale i grandi punti di ricezione naturale per accogliere gente che spenda perché si trova bene.

Ciò comporta anche una fitta rete di dialogo con tutti gli assessori comunali alla cultura della Regione, da far sedere periodicamente ad un tavolo permanente, per annullare in quella sede le differenze partitiche e lavorare all’unisono per il bene collettivo.

Si tratta di consigli non richiesti per fare (finalmente) di territori e enogastronomia un fattore di pil che non sia un fuoco di paglia, ma costrutto credibile e fruibile nel tempo.

 

 

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