Il giallo sulla cattura di un pilota portoghese il cui Mirage sarebbe stato abbattuto a sud di Tripoli dalle forze fedei al maresciallo Khalifa Haftar è un sussulto che potrebbe scuotere dal torpore sul caso Libia. Da alcune foto pubblicate su twitter, emerge che l'esercito nazionale libico (ENL) ha abbattuto un aereo da caccia a sud di Tripoli martedì.
Ma la smentita arriva direttamente dal portavoce delle forze armate che fanno capo al Governo di accordo nazionale libico, il colonnello Mohamed Gnunu: “Le nostre forze non hanno perso alcun caccia”, aggiungendo che “la diffusione di queste notizie serve per minare il tour europeo che sta effettuando in queste ore il premier Sarraj”.
I cieli, dunque, come nuovo ma consueto fronte di azione, in considerazione del fatto che è proprio da ambienti esterni che Haftar trae la sua linfa. La scorsa settimana in Italia era stata fatta trapelare la proposta della rivista Formiche di una no fly zone gestita dalla comunità internazionale, quindi Nato, visto che l'Onu appare in affanno dopo la foto del segretario Guterrez inchinato all'uomo forte della Cirenaica.
Mentre sull'idea di chiudere lo spazio aereo si è acceso un interessante dibattito, tanto in Europa quanto negli Usa, ecco che la poca incisività del Palazzo di Vetro è uno scenario che molti analisti vedono come un pericoloso buco nero, fatto di troppe incertezze e di pochi stivali sul terreno per dare un minimo di armonia e perimetro alle prossime mosse.
Tripoli, vero o presunto bersaglio di Haftar, è in un limbo che da stallo può tramutarsi in tsunami con l'Italia ancora una volta afona e non in grado né di incidere né di ergersi a player di primo piano.
Serraj si sta giocando, con evidente ritardo, la carta della diplomazia con gli incontri a Roma, Parigi e Berlino mentre invece avrebbe dovuto già da un paio d'anni stringere alleanze e promuovere il proprio status di soggetto attivo e affidabile. Così non è stato, per cui oggi Haftar si prende la scena anche se ancora non è chiaro il perché si sia intesa minare la conferenza generale sulla Libia, che avrebbe dovuto essere il viatico verso le elezioni e, quindi, una normalizzazione istituzionale sempre più lontana.
Il Foglio parla apertamente di Italia che ha abboccato allo schema francese, facendo partire la lenta fase di decomposizione italica dalla conferenza di Palermo.
L'elenco degli errori (anche italiani) commessi in Libia non è sul tavolo delle cancellerie europee, che reiterando questo atteggiamento si fanno sottovalutatori doc delle dinamiche libiche che infuiranno gioco-forza non solo sull'intero Mediterraneo, ma anche sulle relazioni tra le due superpotenze attive (mentre invece una terza preferisce il silenzio per proseguire la propria marcia di influenze nel continente africano).
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