Peggio della classica guerra fredda. Sono molti gli analisti a convergere su questa diagnosi, con il Venezuela che sta diventando in pratica peggio della Cuba di Castro e della crisi dei missili. Il perché è presto detto.
A rappresentare un elemento di discontinuità rispetto al passato, aumentando il grado di imprevedibilità delle frizioni tra Washington e Mosca (con Pechino nel mezzo) ecco il quarto e il quinto campo di battaglia delle nuove guerre 2.0. Dopo l'aria, il mare, la terra, ci sono la rete e l'economia dove non si vedono fuochi o feriti ma dinamiche economiche e cyber attacchi.
Si prenda la sutuazione in atto a Caracas, con le due fazioni che puntano le loro fiches su due cavalli diversi, ma mossi anche dall'elemento petrolifero che influisce su scala mondiale. Come in Libia, dove la fuga in avanti del Generale Haftar si sta scontrando con altri interessi che non possono essere messi in secondo piano, si veda la spinta di Egitto ed Emirati alle spalle dell'uomo forte della Cirenaica.
Di Siria si parla poco, ma è evidente che dopo l'Afghanistan è il punto di maggior rottura della politica estera (fin qui anomala) degli Usa a guida Trump. A Washington si moltiplicano le voci di un dissidio sempre maggiore tra Casa Bianca e Pentagono, con l'assenza di una strategia globale come dimostrano le mosse scomposte a Tripoli, che toccano (e non di riflesso) anche l'Italia, visto che Roma dovrebbe essere il primo player in quel Paese invece è solo arido spettatore di scelte e costrutti elaborati tra Parigi e Cairo.
Una incertezza, quella a stelle e strisce, che potrebbe ipoteticamente portare ad un'altra Baia dei Porci anziché ad uno scenario come la soluzione kennediana alla crisi dei missili. Il parallelo con la Cuba di ieri è significativo, perché ci offre il quadro di un oggi sempre più frastagliato e con azioni più balcanizzate che armoniche. Anticamera a quel caos (programmato?) che tutto è fuorché la soluzione per crisi assolute come quelle citate.
Per questa ragione sono in tanti a rimpiangere il comodo e prevedibile clichè della guerra fredda che, almeno, era una solida certezza.
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