Cosa accadrebbe se l'Italia alzasse la testa e guardasse alla propria posizione strategica nel Mare Nostrum? Che (finalmente) si renderebbe conto di quale talento la natura le ha dato in dono, ovvero di molo naturale piazzato in quel grande lago salato che prende il nome di Mediterraneo.
A dispetto di certa vulgata secondo cui l'ombelico del mondo è ormai nel Pacifico che guarda a oriente, il vecchio continente ha ancora una freccia al proprio arco ed è sufficiente osservare i fatti degli ultimi mesi per rendersene conto. Il Mediterraneo è tornato centrale nello scacchiere geopolitico.
I cinesi di Cosco, la prima multinazionale di logistica al mondo, hanno privatizzato il Pireo, il porto più importante del Mediterraneo: faranno sbarcare in Grecia migliaia di containers a settimana, anziché nella più lontana Rotterdam. Merci che, in seguito, andranno indirizzate sulla dorsale balcanica, particolarmente frizzante da un punto di vista imprenditoriale, e verso il nord del continente.
La Russia, da tempo, ha messo gli occhi sulle Ferrovie elleniche di Ose (di recente acquisite da Ferrovie dello Stato) e sul porto di Salonicco: il sogno è una linea ferroviaria diretta che da Mosca sfoci nel mare Egeo, proprio dove un altro incredibile business sta prendendo forma.
Gli idrocarburi. Dopo la scoperta del giacimento Zohr in Egitto, ecco la consapevolezza che sta per nascere un nuovo hub energetico tra occidente e oriente: quello che vede assieme Israele, Italia, Grecia e Cipro. Non solo le 9 zone di ZEE che Nicosia ha appena ceduto ai colossi mondiali, tra cui l'Eni, ma il gasdotto Tap che porterà il prezioso gas da Baku all'Europa passando dalla Puglia e quello (ancora su carta) di Eastmed che vede il coinvolgimento di Tel Aviv.
Uno scenario a cui va sommata la decisione del governo di Atene, dopo 30 anni di dibattiti, di concedere i diritti di esplorazione petrolifera nello Ionio (a due passi dall'Adriatico) e nell'Egeo a Edison e Total. Se alla partita del gas e dei futuri approvvigionamenti energetici, Roma riuscisse a sommare il salto di qualità rappresentato dalla voce logistica e Ict (Information and Communication Technology), allora le cose potrebbero cambiare davvero per l'esile pil italico, sempre alle prese con le richieste di flessibilità rivolte a Bruxelles.
Immaginare lo stivale come una gigantesca europiattaforma logistica nel mare nostrum offrirebbe due vantaggi immediati. In primis dare una sterzata, netta e decisiva, allo sviluppo portuale italiano con una marcata vocazione euromediterranea. La politica del piccolo cabotaggio non si sposa con la geopolitica che si è impossessata rapidamente delle dinamiche di questa macro regione. Non va dimenticato il dato libico, che potrebbe intrecciarsi felicemente con gli interessi italiani qualora si andasse incontro ad una normalizzazione istituzionale. In secondo luogo fare da vettore a tutte quelle eccellenze imprenditoriali italiane che sono ricercate nel mondo, sia per l'oggettivo know how che per i peculiari rapporti umani.
I neuroni ci sono, l'auspicio è che presto maturino le imprescindibili sinapsi. twitter@FDepalo