Ciò che preoccupa di più della crisi in Libia è da un lato l'approccio disorganico dell'Italia, dall'altro quello ambiguo degli Usa, ancora stizziti con Roma per la Via della Seta.
Il primo appartiene alla sfera dei dossier che nessuno vorrebbe per le mani. Uno dei massimi referenti del governo di Tripoli è venuto in visita in Italia, incontrando vari membri del governo, tra cui il ministro dell'interno e il premier. Le rassicurazioni sulla situazione, però, cozzano con le notizie che giungono dalla periferia di Tripoli, dove gli scontri non cessano. Anzi.
Gli scontri nelle zone meridionali di Tripoli continuano tra le forze di Khalifa Haftar e le forze armate libiche sotto il comando del Consiglio presidenziale: si combatte con armi pesanti. Londra ha elaborato una risoluzione al Consiglio di sicurezza dell'Onu e l'ha presentata agli stati membri: si chiede a tutte le parti libiche di lavorare per il cessate il fuoco. Inoltre, tra le righe, l'Inghilterra chiede anche di cooperare con l'UNSMIL e il suo referente Ghassan Salame per raggiungere un cessate il fuoco in tutto il territorio.
L'ambasciatore del Regno Unito presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha detto ai giornalisti che la Gran Bretagna spera che la risoluzione venga approvata. Ma di date per il voto nessuna traccia.
Roma quindi è in una fase transitoria, mentre il prof. Edward Luttwak dalle pagine del Messaggero offre la ricetta per farsi il meno male possibile: “Trattare con Haftar è una perdita di tempo, occorre ampliare la presenza militare per portarla alle dimensioni di altri interventi come quello in Afghanistan”. E fa un passaggio anche sul ruolo dei francesi, che “rincorrono da decenni il sogno di mettere le mani sui pozzi in un qualsiasi paese arabo tirando sgambetti a destra e a manca, ma i risultati sono sempre stati deludenti”.
E Washington? Si dice che le prese di posizione italiane sulla Via della Seta, tra cui anche la possibilità che una linea ferroviaria cinese passi nei pressi della base di Aviano, non solo non siano state gradite oltre oceano ma abbiano anche innescato una serie di reazioni a catena. L'immagine dell'hovercraft che lascia la Libia con a bordo personale e militare americano pare sia stato anche un messaggio inviato a Roma e alle sue strategie (e volte strabiche).
Il risultato, comunque la si pensi, è che l'Eni ha evacuato il proprio personale da luoghi che invece nel 2011 non erano stati toccati e che la bomba umanitaria dei migranti è pronta a detonare.
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