Erdogan non cambia, sta all'occidente la prossima mossa


L'esercitazione Blue patria è la più imponente di sempre, ma non può restare senza risposta


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
25/02/2019 alle ore 09:53

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Una prova generale di guerra. Questa l'impressione che nelle ultime ore sta offrendo l'imponente esercitazione militare organizzata dalla Turchia per il prossimo 27 febbraio. Una mobilitazione mai vista prima, con navi, aerei e uomini che daranno vita a “Blue patria” tanto per non far smarrire ai paesi che si affacciano sul Mediterraneo il senso di questa ennesima provocazione.

Un messaggio chiaro alla Grecia, a Cipro, a Israele, all'Egitto ma anche a chiunque "contesti gli interessi di Ankara" nella regione del Mediterraneo orientale (Onu inclusa).

L'esercitazione durerà fino all'8 marzo e sarà la più grande di sempre delle forze armate turche, anche se di fatto Ankara si comporta come quello scorpione che, accerchiato, tenta il colpo finale contro tutto e tutti.

Il dispiegamento di mezzi militari giunge nelle stesse ore in cui l'americana Exxon ha concluso le indagini nella Zona economica esclusiva di Cipro a cacca di gas, con numeri significativi e prospettive interessanti lì dove operano anche l'italiana Eni e la francese Total. I tre colossi degli idrocarburi si sono aggiudicati i blocchi di perforazioni resi disponibili tramite una procedura dal governo di Nicosia, mentre la Turchia continua ad avanzare pretese su quelle acque che nessun trattato internazionale le riconosce.

Al momento Ankara è isolata come dimostra il deterioramento costante delle sue relazioni con gli Stati Uniti che hanno raggiunto il suo punto più basso, in seguito al congelamento degli F-35 a causa della scelta di insistere sulla fornitura di S-400 dalla Russia.

Negli ultimi giorni Erdogan ha anche trovato il tempo di aumentare il solco che lo divide dal presidente egiziano Al Sisi, polemizzando per la condanna di un tribunale egiziano ad alcuni esponenti della Fratellanza musulmana, ma di fatto compiendo un'altra mossa sullo scacchiere del dossier energetico, dove Il Cairo ha un ruolo primario.

Il nodo, a questo punto, non è più solo nel rifiuto dell'Ue di avviare le procedure per un possibile ingresso turco nel club del 28, ma nelle reali intenzioni di Erdogan.

Se la sua meta è accreditarsi nella macroregione a cavallo tra Medio Oriente e Mediterraneo, allora farà bene a guararsi le spalle, dal momento che Iran e Russia non gli hanno concesso quel filo che il dittatore turco sperava di avere in Siria.

Se invece punta a un ruolo nel mare nostrum, allora dovrebbe evitare di sottovalutare le reazioni che lo scorso mese di marzo ci furono quando le navi militari turche tentarono di impedire il passaggio della nave Exxon a Cipro, con la Sesta Flotta Usa che rimise le cose a posto.

L'impressione è che Erdogan viva una fase inaspettata e imprevedibile della sua parabola politica, con da un lato l'immagine di uomo solo al comando da proteggere (complici anche le elezioni amministrative che si terranno fra 30 giorni), e dall'altro l'incapacità strategica di comprendere dove virare quando il mare è in burrasca (non per colpa di qualche complotto) e di porti in cui ripararsi non se ne vede l'ombra.

 

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