Europee: che succede sei i sovranisti arrivano secondi (dopo il Ppe)?


Occorre una nuova strategia per capire, sin da ora, come sta cambiando pelle il vecchio continente: senza sogni e senza guida


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
31/01/2019 alle ore 10:11

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Che succede se alle elezioni europee il secondo partito dietro il Ppe dovesse essere quello dei sovranisti e non il Pse in profonda crisi? Che la composizione della nuova Commissione post Juncker non sarebbe affatto scontata, né ricalcherebbe l'attuale.

Stando ai numeri degli ultimi sondaggi l'opzione è più di una semplice ipotesi accademica. Il Pse potrebbe scendere al di sotto del 18%, come il trend dei singoli paesi sta dimostrando.

Si pensi, ad esempio, che in Germania quella che un tempo era stata la grande Spd in doppia cifra (al 20%) è oggi a meno della metà. Alle regionali in Assia e Baviera ha accusato un altro colpo non da poco, con i Verdi che sono balzati al 20% e di fatto sono il secondo partito in Germania.

Addirittura per impedire il completo crollo, la base socialdemocratica starebbe facendo molte pressioni sul duo Gabriel-Schulz, non più freschissimo.

Non va meglio in Francia, dove i cocci della gestione di François Hollande sono ancora protofanici, checché ne dica l'attuale commisario Ue alle Finanze Pierre Moscovici che di quel governo è stato parte integrante. Oggi Macron continua a scontare anche un pezzetto di quelle politiche sbagliate che hanno prodotto la crisi francese (anche sociale), mescolate alle sue ricette non rivelatesi all'altezza.

In Italia il Pd, e più in generale la sinistra, vivono una fase controversa: la lotta per la nuova segreteria del Nazareno è poco più di una formalità, con la base che non nutre più di tanto interesse per una partita, volendo usare una metafora calcistica, di terza serie e non di A. Anche perché tra i candidati manca un nome di peso che smuova le acque. Il cambio alla guida della Cgil, con Landini che sostituisce la Camusso, è in netta continuità e la richiesta di Confindustria ai sindacati di un patto per il lavoro è più un affare interno che un nuovo manifesto politico.

Solo in Inghilterra i sondaggi premiano Jeremy Corbyn, a metà strada tra promesse veteroideologiche (come l'università gratis per tutti) e spinte per spodestare da Downing Street Theresa May. Ma a quel punto potrebbe, a sua volta, bruciarsi sul rogo dell'amministrazione post-Brexit.

L'esperimento in chiave Ppe-sovranisti lo stanno facendo in Andalusia, dove un pezzetto dei popolari si allea con la componente nazionale di Vox. Ovvero, se la crisi del principale alleato del Ppe, il Pse, dovesse procedere spedita allora qualcosa andrà cambiato nello schema finale.

E le urne di maggio, comunque vadano, segneranno uno spartiacque ideale verso un mondo nuovo, fatto di terre (e alleanze?) inesplorate.

Non prendere atto, oggi, di una possibile rivoluzione copernicana della governance Ue significa voler procedere ancora una volta ad occhi chiusi in un labirinto dove, invece, occorre una nuova strategia per capire sin da ora come sta cambiando pelle il vecchio continente: senza sogni e senza guida.

 

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