In apparenza un tweet di troppo cinguettato dal ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu. In sostanza una contrapposizione che, da sotterranea, nell'ultimo anno si è fatta palese e dai contorni spigolosissimi.
Gerusalemme e Ankara vivono una fase complessa, ritmata da accuse e repliche, con sullo sfondo la supremazia in quella macroregione a cavallo tra due quadranti come il mediorientale e l'euromediteraneo.
Cavusoglu ha lanciato messaggi contro il primo ministro dello Stato ebraico e definisce “illegale” l’occupazione israeliana di Gaza e della Cisgiordania. A Netanyahu riserva l'epiteto di “spietato assassino”, responsabile del “massacro di centinaia di migliaia di Palestinesi”.
Una sequela di insulti che si sommano a quelli pronunciati dal presidente turco Erdogan lo scorso aprile: “Israele è uno stato del terrore e Netanyahu è un terrorista” circa la situazione a Gaza, che in sostanza riflette tutte le frizioni con Teheran e Washington.
La reazione israeliana non si è fatta attendere: “Non accettiamo lezioni da un Paese che occupa militarmente Cipro Nord e che massacra donne e bambini di etnia curda”, ha detto Netanyahu a cui ha ribattuto come una folle partita a ping pong lo speaker del governo turco Ibrahim Kalin: “Netanyahu vuole costringere, a suon di toni intimidatori, i rappresentanti delle istituzioni turche a non dire la verità riguardo all’occupazione israeliana dei territori palestinesi. La condotta dei militari dello Stato ebraico nei confronti degli abitanti di Gaza e della Cisgiordania è palesemente discriminatoria e brutale, come è stato appurato anche dalle Nazioni Unite. Netanyahu la smetta quindi di attaccare il presidente Erdoğan e di parlare di argomenti che non conosce affatto, come la questione curda. Pensi piuttosto alle proprie vicende giudiziarie e ai problemi della sua coalizione di governo”.
Dietro le schermaglie dialettiche e i tweet inopportuni, ecco la grande partita per il gas nel Mediterraneo orientale e per la fitta rete di rapporti che celano il doppio gioco sull'Iran. Ciliegina sulla torta le elezioni anticipate in Israele, con un'altra grana per Netanyahu: il generale Benny Gantz, ex capo di Stato maggiore della Difesa.
Il suo problema? Non ha detto una parola sul suo programma elettorale e sulla sua collocazione politica se nel centrosinistra o nel centrodestra.
Aprile si avvicina e Netanyahu vive giorni intensi caratterizzati da avversari interni ed esterni (come appunto Ankara). Nel mezzo la consapevolezza che, vinca o meno l'attuale premoer, Israele è primario player per le nuove dinamiche energetiche mediterranee. Fatto che nessuno, tanto meno Erdogan, potrà modificare.
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