Ma per un nuovo Mediterraneo bisogna ricominciare a studiare la storia


Genocidi, negazionismi e geopolitica: se la forma è sostanza allora serve il mea culpa...


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
16/12/2018 alle ore 17:09

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Suscita una certa ilarità quando, ogni due per tre, si ascoltano proclami buonisti e apparentemente democratici che invitano alla costruzione di un nuovo bacino euromediterraneo per il futuro di popoli e Stati. Legittima e condivisibile aspirazione, ma che non è possibile oggettivizzare solo con generici impegni. Il perché è presto detto e investe la storia, che non solo a scuola ma anche nei Parlamenti è materia sempre più oscura e, quindi, scarsamente conosciuta.

Tra il 1915 e il 1923 a Tsitsernakaberd morirono diverse vittime innocenti a causa del genocidio perpetrato ai greci pontiani dalla Turchia ottomana. Siamo in Asia Minore, un tempo tappa di quella grande cavalcata effettuata da Alessandro Magno (e macedone): più recentemente teatro di una barbarie umana senza precedenti, su cui si registra ancora il negazionismo di Ankara che si sposa con il piglio con cui governo di Erdogan si ostina a utilizzare lo stesso metro in merito all'occupazione di Cipro del 1974, con bombardmenti e morti al seguito.

Lo scorso maggio una delegazione di parlamentari armeni, di rappresentanti delle ONG e di membri delle comunità nazionali dell'Armenia hanno visitato Tsitsernakaberd per onorare la memoria delle vittime innocenti.

L'obiettivo oggi è, dopo il ricordo, combattere il negazionismo che, come accaduto nei primi anni dopo la Shoah, è cancro sociale che impedisce di debellare azioni così criminose. Non solo Asia minore, il pensiero va a Sumgait nel 1988, alle azioni disumane azerbaigiane contro la popolazione civile e i soldati: tutti fatti storici incontrovertibili che possono essere evitati solo investendo sulla conoscenza, sulla diffusione della verità, sulla consapevolezza che, unite, le diaspore assire, greche e armene, possono comporre un fronte comune per combattere il negazionismo turco.

Tra il '15 e il '23 vennero sterminati circa 350mila greci del Ponto, 600mila tra assiri, siriani e caldei. Il governo ellenico ha scelto il 19 maggio come data per commemorare questo periodo oscuro della storia, per un genocidio che è stato riconosciuto da Armenia, Grecia, Cipro, Svezia e Repubblica Artsakh.

Accanto a date, numeri, celebrazioni e manifestazioni occorre però anche piantare due semi altrettanto strategici: raccontare ai più giovani che la barbarie hitleriana contro gli ebrei ha avuto altre manifestazioni simili, come appunto il genocidio del Ponto; e pretendere che le classi dirigenti (soprattutto quelle che si occupano di foreign affairs) siano meno sciatte nell'approcciarsi alla storia di altri paesi e ai rapporti diplomatici-internazionali.

Questa la prima base su cui costruire un nuovo Mediterraneo, quel grande lago salato dove è nata la civiltà e dove oggi una macroregione sta purtroppo affondando in tutte le sue contraddizioni.

 

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