Come cambia (per la Turchia e l'Ue) lo scacchiere del gas euromediterraneo? C'è il rischio che essendo Ankara diventata ormai un hub stretegico per il gas, a cavallo tra oriente ed occidente, ciò trasformi il Paese di Erdogan in un regime ancora più altezzoso e poco gestibile?
Un'occasione intercontinentale per mostrare i muscoli è stato il 22mo World Petroleum Congress di Istanbul, in cui il gotha mondiale delle risorse energetiche si è dato appuntamento sul Bosforo, (scarsamente attenzionato dai media italiani): ufficialmente per ragionare sui “cambiamenti nell'industria in un mondo instabile e incerto”, e con particolare attenzione a nuove strategie che consentano il dialogo tra consumatori e produttori, governi e industrie, università e finanziatori. Ufficiosamente per fare il punto sulle reali forze in campo che vanno ad interfacciarsi con la geopolitica.
Presenti nomi top del settore, tra cui il Segretario di Stato Usa Rex Tillerson, il Segretario Generale dell'Opec Mohammad Sanusi Barkindo, il CEO di Bp Bob Dudley e quello di Total Patrick Pouyanné, il Ministro dell'Energia russo Alexander Valentinovich Novak.
Non solo Tap, verrebbe da dire al termine del forum. Da un lato, infatti, ecco il triumvirato Turchia-Azerbaijan-Russia, con il corridoio sud del gas e il progetto relativo al Tanap che rafforza la strategia regionale di Erdogan. Come confermato dal ministro israeliano Steinitz, esiste una netta volontà di accelerare colloqui anche per la costruzione del gasdotto con la Turchia: pare che entro il 2017 sarà firmato un accordo energetico per la posa della prima pipeline.
Dall'altro, la tattica europea sul raddoppio del north stream che non riesce ad interfacciarsi con ciò che sta accadendo nella macroregione orientale del vecchio continente. Ma Erdogan ha in mano carte che possono portarlo dritto al poker. Il Tanap ha in dote 6 miliardi di metri cubi di gas naturale in Europa. Sarà ultimato il prossimo anno e segue il gasdotto Baku-Tiblisi-Erzurum che porta il gas azero in Turchia ma anche in Europa.
Il gasdotto Trans Anatolian Gas Pipeline (TANAP) è terminato al 77% ed è fissato per il completamento finale nel 2018, come ha detto il presidente dell'Azerbaigian Ilham Aliyev. Proprio l'Azerbaigian è diventato un attore primario capace di fornire i paesi confinanti della sua regione (e anche quelli europei) grazie a 2,6 miliardi di metri cubi di riserve di gas. E' in quel grande pertugio di gas e strategie che risiede il tesoretto di Baku: il progetto Shah Deniz, il gasdotto del Caucaso meridionale, il Tanap e lo stesso Tap. Per una potenza energetica assolutamente significativa.
Circa 40 miliardi di dollari di investimenti consentiranno quindi di allacciare il Caucaso meridionale con Azerbaigian e Georgia, poi attraversando la Turchia verso l'Europa e quindi anche Grecia, Albania e in Italia fino all'Europa occidentale, per una sorta di autostrada del gas dal mar Caspio alle Alpi.
Tra l'altro Ankara è ancora più centrale in questa partita perché, come trapelato al forum, l'Iran ha avanzato trattative con la Turchia per esportare gas in Europa, come testimoniato direttamente dalle parole del vice ministro iraniano del petrolio, Amir Hossein Zamaninia. Sullo sfondo Ankara gioca anche la partita anti gasdotto Eastmed, e non manca di mettere i bastoni fra le rute alla cooperazione tra Cipro-Italia-Grecia-Israele che si somma alla ZEE in acque cipriote per lo sfruttamento dei blocchi già assegnati alle società petrolifere, tra cui l'italiana Eni.
Il World Petroleum Congress che ha attirato oltre 6000 delegati, 500 CEO, 50 Ministri e circa 25.000 visitatori, impegnati a proporre politiche per la salvaguardia dell'ambiente, consentendo alle organizzazioni di promuovere la sicurezza e la sostenibilità del loro business, ha fruttato con una cesta di prove di forza. Di cui l'Ue dovrà tenere debitamente conto per non restarne schiacciata.
twitter@FDepalo