L'addio di frau Angela, il dramma della socialdemocrazia e il futuro dell'Ue


Il ritorno dell'iper-ideologia anti imprese è pericolosa, quasi quanto quella contro migranti e diversi. Nessuno parla più dell'Irap


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
09/11/2018 alle ore 15:49

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La decisione di Angela Merkel di non ricandidarsi alla guida del suo partito, e quindi di concludere la sua parabola politica, al di là del giubilo dei suoi avversari, ha come primo effetto riflesso l'aumento del divario tecnico e strutturale tra l'Italia e il resto del mondo democratico. Intanto perché si dimette con la Cdu al 27% e non al 15% come il Pd o al 7% come Forza Italia.

Nello stivale una cosa del genere sarebbe potuta accadere solo per per una calamità naturale, oppure come in parte si è verificato, per la nascita di una forza anti-sistema che ha rinnovato gran parte del Parlamento. Ma comunque mai per decisione soggettiva e perentoria.

E invece in Germania i democristiani hanno capito che, se non vorranno subire un altro crollo alle elezioni europee di maggio, dopo i due ko alle regionali in Assia e Baviera, dovranno quantomeno tentare di cambiare registro. E iniziando proprio da colei che ha incarnato il potere assoluto per quasi due decenni.

Alle sue spalle la Cdu ha il fiato sul collo dei Verdi, che sfiorano magicamente il 20% e puntano dritti al governo nazionale, contando sulla crisi valoriale (prima che elettorale) dei socialdemocratici. La Spd ha perso il 50% netto dei suoi consensi e non si dica che la colpa è solo del nazionalismo o dell'immigrazione.

Più semplicemente, in Germania come in Francia, in Spagna, in Italia e in Inghilterra la sinistra classica non è stata capace di gestire i nuovi fenomeni della post modernità. E quindi sta sbandando nelle urne, come nelle strade e nei comizi, perché ha proposto ricette anacronistiche e basate su ideologia di difficile applicazione.

Quando Corbyn da Londra urla il suo appoggio per un'università che sia gratuita tout court per tutti, fa finta di dimenticare che l'accesso all'istruzione c'è già e in tutte le salse, mentre invece manca ad esempio una sana regolamentazione che la smetta di fornire servizi gratis per chi è parcheggiato per dieci anni in Ateneo senza prendersi il famoso pezzo di carta.

Oltremanica, dopo la gestione non certo lusinghiera da parte di François Hollande, la Francia sembrava aver individuato in Emmanuel Macron una nuova frontiera: ma i suoi scatti in avanti sulla Libia e sulla Cina, gli screzi con il mondo del lavoro, l'incapacità di riformare davvero attirando nuovi investimenti, lo sta riportando nella sua dimensione naturale: ovvero di un giovane leader, molto poco autonomo, forse sovrastimato, che sta faticando moltissimo a trovare il bandolo della matassa.

Della sinistra italiana si è già detto su molte autorevoli testate nel decennio trascorso, ma forse il suo errore più marcato è stato quello di puntare le proprie policies non “per” un obiettivo comune ma “contro” un'idea: ovvero contro quel mondo imprenditoriale e del risparmio legato alle libere professioni che, piaccia o meno, ha fatto l'Italia dal giorno successivo al dopoguerra. E contro cui oggi si ascolta un sinistro tintinnar di spade e frecce.

Maggio e le eurourne si avvicinano in questo contesto poco lusinghiero e dove la caccia alla volpe sta tornando con prepotenza a essere il metro di una politica niente affatto congrua alle sfide che ci attendono: nessuno ad esempio aprla più di abbattere l'Irap. Mah.

 

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