Tra gli obblighi di maggiore rilievo che il civile pone a carico di entrambi i coniugi, figura indubbiamente quello di istruire, educare, mantenere ed assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni.
E vi confesso che mi capita spesso di confrontarmi con alcuni amici che hanno uno o più figli, percependo le difficoltà che i genitori hanno non tanto nel trasmettere valori ed atteggiamenti positivi, quanto di assicurarsi che vengano mantenuti dalla prole nel momento in cui la stessa esce dalla sfera di protezione familiare per relazionarsi in ambito scolastico e ricreativo.
Posso immaginare che non ci sia delusione più grande per un padre o per una madre nel venire a sapere che il proprio figlio ha loro mentito. Non so esattamente se il sentimento che si prova sia più di rabbia o di frustrazione, ma certo è che sono svariati i casi i cui ragazzi poco più che adolescenti costruiscano storie di apparente verosimiglianza per cercare di attirare una maggiore attenzione o per ferire qualche coetaneo con cui non vanno d'accordo.
In questo secondo caso, la situazione può sfuggire di mano all'adolescente che può addirittura arrivare ad inventarsi di essere stato vittima di bullismo tra i banchi di scuola.
Il fatto in sé è già socialmente grave, e prima che si verifichi sarebbe opportuno prestare attenzione (per quanto possibile, ovvio) ai segni di cambiamento e disagio che si percepiscono, in modo da attivare un percorso terapeutico adeguato.
Ma da un punto di vista strettamente giuridico, dico ai genitori di vigilare e stroncare sul nascere atteggiamenti manipolativi del minore, poiché ne sarebbero chiamati a rispondere in quanto rappresentanti legali, con conseguente obbligo di risarcimento del danno in favore della vittima ingiustamente accusata dal proprio figlio.
Per liberarsi della presunzione di colpa che il nostro codice civile prevede (all'art. 2048), i genitori dovrebbero, infatti, dimostrare di non aver potuto impedire il fatto, di aver impartito al ragazzo una buona educazione e di aver adeguatamente vigilato su di lui.
Nelle parole di Paolo Crepet, psichiatra e sociologo padovano, l'analisi delle nuove generazioni di genitori e figli: i primi che hanno abbandonato il ruolo di educatori e i secondi che bruciano le tappe vivendo a 13 anni come i 18enni del passato.
“È una generazione che non conosce i sogni perché non sono state insegnate le passioni”.
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