La versione di Garpez: violenza sessuale e castrazione chimica. Ecco pro e contro


Ma incidere solo sull'aspetto ormonale non è sufficiente a garantire dal rischio di "ricadute"


di Garpez
Categoria: La versione di Garpez
21/10/2018 alle ore 08:56

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Scorrendo le notizie di cronaca nei momenti di pausa quotidiana, mi capita purtroppo di imbattermi in articoli e didascalie trasversali ad ogni testata giornalistica italiana e straniera che danno atto degli ennesimi episodi di violenza sessuale.

In Italia il Ministro dell'Interno, allo scopo di fronteggiare questa sciagurata piaga che sembra non conoscere flessione, è tornato a proporre il trattamento della castrazione chimica, evidentemente cavalcando lo sdegno e la paura che simili reati sono capaci di suscitare nell'animo dei cittadini.

In Polonia, Russia e Macedonia la castrazione chimica figura tra le pene possibili da irrogare ai condannati per pedofilia.

La grande maggioranza dei Paesi europei che la prevedono (Svezia, Finlandia, Germania, Danimarca, Norvegia, Belgio, Francia) ne fanno un uso limitato, opzionale e subordinato al consenso del condannato.

Da un punto di vista biologico, tramite la somministrazione di farmaci a base di ormoni viene inibita la produzione e il rilascio in circolo degli ormoni che stimolano i testicoli alla produzione di testosterone, con conseguente diminuzione (sia pure temporanea) del desiderio sessuale.

Da un punto di vista giuridico e di compatibilità di tale misura con il nostro sistema penale si tratta di bilanciare l'obbligatorietà di un trattamento sanitario così invasivo e invalidante con la necessità di prevenire un reato che lascia traumi gravissimi a vita sui soggetti abusati.

Attenzione, vi è un terzo punto di vista ugualmente fondamentale da tenere presente: coloro che aggrediscono sessualmente in preda a compulsioni incontrollabili sono soggetti affetti da disturbi psichiatrici e, dunque, spesso del tutto carenti di qualsiasi capacità di autocontrollo.

Pertanto, incidere solo sull'aspetto ormonale non è sufficiente a garantire dal rischio di “ricadute”.

Occorre necessariamente affiancare un percorso psicoterapeutico e psichiatrico strutturato e personalizzato in relazione alla natura del reo, in modo da scongiurare al massimo la possibilità di pericolose recidive.

 

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