Cerchiare in rosso questa data: lunedì prossimo Palazzo Chigi dovrà rispondere ufficialmente ai rilievi di Bruxelles sulla manovra italiana.
'Deviazione senza precedenti' sottolineano le istituzioni Ue nella missiva inviata a piazza XX Settembre. Denso di significato questo passaggio: si sottolinea "un non rispetto particolarmente serio con gli obblighi del Patto".
Uno scenario niente affatto inaspettato: è da alcuni anni, ben prima che iniziasse la campagna elettorale sfociata nelle politiche del 4 marzo, che si attendeva questa lettera. Semplicemente perché sin da allora era chiaro dove volevano arrivare i due partiti che oggi compongono l'anomala (ma pragmatica) alleanza di governo anti Ue.
Non è una sorpresa, quindi, né per gli elettori che hanno votato Lega e M5s né per la pletora di commentatori che, oggi, cade dalle nuvole.
Sul merito dei singoli provvedimenti si può ovviamente discutere, se migliorabili o meno, se funzionali al progetto-Paese o se influenzati da manine o sviste. Ad esempio il numero chiuso a medicina convince perché i medici servono e non c'è ricambio; il reddito di cittadinanza soprattutto al sud un po'meno, perché con quei soldi si potrebbero avviare start up vere e imprese che assumono.
Ma non è questo il punto che animerà notti isonni e gabinetti di crisi, bensì che cosa fare da martedì in poi.
Dinanzi al governo e quindi a un paese intero ci sono due strade: la marcia indietro o la lotta aperta con l'Ue, sullo stile di quella fatta per pochi mesi dall'accoppiata Tsipras-Varoufakis. Il primo costruì una intera campagna elettorale sulla promessa di distruggere la troika che, oggi, è ancora dentro le stanze dei ministeri ateniesi, per vidimarne ogni singola voce di spesa.
Nel mezzo il syrtaki di Tsipras, le dimissioni imposte all'autore del Minotauro globale, il capital control che permetteva ai cittadini ellenici (e ai turisti che si trovavano lì in quei giorni) di prelevare solo 240 euro a settimana, per non parlare delle imprese che potevano bonificare al massimo 1000 euro al mese.
Chissà se in Italia si replicherà lo schema del “vai avanti tu che poi io me la svigno” come fatto dal compagno Alexis, oppure se la sceneggiatura sarà diversa.
Quel che è certo, al momento, è che non sarà una battaglia singola di un governo contro un muro che sta già crollando di suo, sotto i colpi della iperburocrazia, delle lobbies di singoli Stati che fanno solo i propri interessi, della mancanza di coesione dei nostri eurodeputati, spesso scelti fra i trombati alle politiche o alle regionali, piuttosto che tra europrofessionisti come fanno tedeschi e francesi.
Ma investirà un paese intero, le sue imprese e i suoi cittadini. Per cui attenti (tutti) a come scegliere fanti e soldati, messaggeri e diplomatci.
Vince, come spesso accade, chi sbaglia di meno. E chi getta il cuore oltre l'ostacolo.
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