Non hanno compreso un passaggio strategico, tanto a Roma quanto all'Aquila e a Pescara. Il nodo ormai non è più solo il Pd in quanto tale ma il succo dei suoi protagonisti.
Gli errori tattici che ha commesso il partito del Nazareno sono protofanici, con le bizze renziane, i passi felpati di Franceschini (nell'ombra ma sempre presente), le rassicurazioni scialbe di Martina, la messa in un angolo buio dell'ala cattolica di Fioroni, la sovraesposizione di Calenda che (mandato avanti) adesso si ritrova con una schiera di candidati alla segreteria, la cesura con la componente sociale del paese, le promesse da buontemponi alle imprese.
No, non è più solo questo humus a tracciare una linea di frattura scomposta tra partito e cittadini/imprese.
E'la personificazione in quanto tale ad aver pesato non poco sul risultato finale che, ad oggi, vede un rapporto pari a zero. Che magari domani potrà anche esser ricostruito, da Zingaretti o da un volto nuovo/nuovissimo che cambi tutto, per carità. Ma che al momento è in uno stato comatoso.
D'Alfonso alle regionali sta come Renzi al referendum: piaccia o meno è così. E a questo punto viene da pensare che il partito c'entri relativamente.
La componente caratteriale, le policies messe in campo, la cabina di regia che sostanzialmente è ridotta all'unità singola sono dei fatti oggettivi che, ieri come oggi, stanno facendo pendere il bilancino da una certa parte.
Quando si scopre, ad esempio, che non si possono abbassare le tasse alle imprese per stimolarle ad assumere di più, ma poi si fa un leasing milionario per l'Air Force di Palazzo Chigi, commercianti e cittadini si inalberano non poco. E decidono di guardare altrove.
Così come quando si scopre che in un territorio sventrato dalla crisi, dove le infrastrutture sono una chimera, si spendono 400mila euro per un campetto di provincia nel feudo del potente di turno (oggi ex-potente perché al Senato non pesa come pesava all'Emiciclo), commercianti e cittadini parimenti si inalberano non poco. E decidono di guardare altrove: con una conseguenza chirurgicica nella cabina elettorale.
Ed è inutile, allora, urlare alla luna: le responsabilità sono sul tavolo, al pari dei frutti di quella semina.
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