I fallimenti e lo stallo del centrosud (Abruzzo compreso)


Qui si registra l'aumento dei fallimenti che tocca il +2,4%, record in Calabria


di Anna Di Donato
Categoria: ABRUZZO
25/09/2018 alle ore 07:55

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La corsa del nostro Paese verso la ripresa è a due velocità: da una parte la crescita delle regioni centro-settentrionali e dall’altra, numeri in forte calo nelle regioni del Sud, tra cui anche l’Abruzzo. 

Le imprese italiane non falliscono più? A quanto pare non si può dire lo stesso al Sud. Questo l’esito di un recente sondaggio di Cerved, che pone l’accento su come, nei primi sei mesi del 2018, il bollettino dei fallimenti aziendali sia diminuito di molto, circa il 5,7% rispetto al 2017 in tutta Italia, tranne nelle regioni del Mezzogiorno.

Si tratta di un dato non esattamente confortante, che registra una dolorosa frenata per ciò che concerne l’economia di parte della penisola.

L’Abruzzo è incluso tra le regioni colpite dall’aumento dei fallimenti che raggiunge un +2,4% che impensierisce parecchio. In Calabria le chiusure aziendali hanno sfiorato il + 25,4% mentre in Sicilia e Basilicata rispettivamente un +5,7% e +13,6% a testimonianza di una crisi che non sembra avere battute d’arresto.

Secondo quanto riportato da Gianfranco Veronesi, professore di economia all’Università di Bari, il pil non ha mai subìto alcun rimbalzo, tant’è vero che l’export in tali regioni è completamente assente.

I dati del primo semestre del 2018 mostrano chiaramente come solo in Abruzzo 129 imprese abbiano effettuato concordati preventivi per tentare di salvare la propria attività.

I segnali negativi provenienti non solo dalla nostra regione ma dal Mezzogiorno in particolare, rischiano di condurre il Sud alla “Grande Frenata”, di cui la Svimez aveva già accennato nell’agosto scorso.

Altro dato che desta preoccupazione, oltre ai suddetti fallimenti aziendali, è l’aumento delle liquidazioni in bonis. Ad una prima analisi la cosa potrebbe non essere poi così allarmante, dato che tali liquidazioni implicano la chiusura dell’impresa senza creditori che cercano di recuperare il denaro. D’altra parte, però, se le società che chiudono non vengono rimpiazzate da nuovi imprenditori, l’economia inizia a risentirne.

Gli ultimi dati del pil sono al ribasso e gli imprenditori non intendono rischiare, anzi, vanno via prima che scoppi una bufera.

L’industria, in particolare, ha subito il colpo più forte e l’economia si è evidentemente ristretta, ci sono aziende solide che non vengono sfiorate dalla crisi ma attualmente i calcoli non vengono più fatti sulla base, ad esempio, di 1000 società, bensì su 100. Ciò sta a significare che le aziende sono sempre meno.

 

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