Che vaccinarsi sia giusto è elementare buonsenso. Ma è anche bene spiegare chiaramente il perché


Altrimenti il dubbio rimane. E non servono né l'isterìa nè l'imposizione


di l'innocente
Categoria: CapoVerso (rubrica innocente)
14/08/2018 alle ore 10:05

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Che vaccinarsi sia giusto è elementare buonsenso. Ma, sulla spinosa questione vaccini, serve sapere e non serve urlare. Non servono né l’isterìa nè l’imposizione. Servono spiegazioni chiare, puntuali, senza lesinare tempo e risorse. Che eliminino le diffidenze. Per far capire bene le ragioni di un obbligo teso sempre a salvare una vita che tuttavia produce dei dubbi in chi ha invece paura di danneggiarla quella stessa vita.

Che la scienza non sia democratica è un fatto. Tuttavia, ci sono motivazioni e passaggi che devono essere ben illustrati. Perché altrimenti l'obbligo può prendere le forme dell'imposizione. Soprattutto se rapportato alla personale esperienza di ognuno di noi, ai nostri trascorsi e ai nostri ricordi. 

Nello specifico, nel caso dei vaccini e delle polemiche che si stanno sommando, manca una spiegazione esauriente. E il rischio è che ognuno concorra pro quota (anche la comunità scientifica che in realtà desidera tutt’altro) a costruire, inconsapevolmente, quel muro di paure e perplessità contro il quale anche la certezza del bene rischia di schiantarsi.

Chiunque in Italia abbia almeno cinquant'anni ricorda di avere effettuato le vaccinazioni anti vaiolo e anti polio alle scuole elementari. Ricorda, magari con un sorriso o un sospiro, quel tutti in fila per uno, con quei signori in camice bianco che con un pennino di metallo incidevano una croce o una ics all’altezza dell'omero. Pochi, al contrario, pochissimi, invece, ricordano di essere stati vaccinati contro il morbillo o gli orecchioni o la varicella.

E ciò perché la stragrande maggioranza dei giovanissimi di allora quelle malattie infettive le ha contratte con precise modalità: a volte in ambito scolastico, più spesso in casa con fratelli, sorelle, cugini e persino amichetti. Era questo che esattamente accadeva negli anni sessanta e settanta: i bambini si mettevano tutti insieme per favorire un rapido contagio plurimo e quindi la soluzione del problema dopo una, al massimo due settimane. Seguiti, giorno dopo giorno, dal medico di famiglia e dall’amore di madre e padre.

Un modo di fare che non risulta, dagli annali, aver provocato alcuna drammatica conseguenza. Né nazionale né europea. È assai probabile che tanti medici e scienziati giustamente impegnati oggi nella campagna a favore dei vaccini, siano anche loro buoni testimoni di quel periodo in cui l’approccio medico-scientifico per queste patologie era ben diverso. In cui il pediatra non si preoccupava eccessivamente delle malattie infettive (consigliando però alle madri di far contrarre ai maschietti gli orecchioni!) perchè altri erano i problemi e gli allarmi.

Ecco, anche a fronte di questi ricordi di vita vissuta, reale, oggi è più che mai necessario essere chiari. E spiegare bene il perché della necessità dei vaccini. Per dissipare ogni dubbio. Senza cedere all'emotività, con raziocinio. Ricordando sempre una verità inoppugnabile: nessun genitore metterebbe mai a rischio la vita del proprio figlio.

 

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