Forse per qualcuno oggi non è il momento delle accuse, né delle recriminazioni, delle richieste di dimissioni o delle polemiche. E invece noi crediamo che ogni giorno, dopo i drammatici fatti legati agli incendi in Grecia, sia buono per inchiodare i vili responsabili ai loro gesti. Anche quelli legati a soccorsi gestiti male che avrebbero potuto impedire altre vittime e che hanno fatto un buco nell'acqua.
Ma questa tragedia degli incendi ellenici può avere anche una ulteriore coda di nuroni: ovvero come occasione di riflessione sul vecchio continente guidato ancora da vecchie logiche.
Il punto, certamente, non è solo come sono stati approntati i soccorsi. Negli ultimi anni abbiamo visto falle finanche negli Usa, per cui pochi facciano i maestri. Il dato è la differenza abissale che ancora siste all'interno dell'Ue tra gli stati membri e la voglia forzosa di uniformare un qualcosa che non è uguale e forse mai lo sarà.
La Grecia pre-crisi aveva le stesse deficienze strutturali che vediamo oggi: corruzione, abusivismo, sciatteria partitica e politica, scarso filtro della criminalità organizzata che oggi gestisce il business della droga e del contrabbando di petrolio, grandi scandali come le cronache dimostrano (il caso Novartis, quello Siemens, la lista Lagarde).
Il guaio è che oggi, dopo 40 misure di austerità contenute in tre memorandum, tutti stanno peggio e il buco strutturale anziché essere sanato alla radice è stato chiuso con altri infiniti debiti. Per cui vedere che un vigile del fuoco stagionale di quelli impiegati a Mati guadagna 600 euro è un pugno in faccia alla dignità umana e un autogol per chi si dice vittorioso contro la troika.
L'Ue è amministrata secondo un principio di pseudo-equità che al momento è lontano dalla realtà. Il numero uno del continente, la Germania, riesce a fare da dieci anni un surplus di bilancio di cui non è chiamata a rispondere; ha puntato tutte le sue fiches su una politica ultra nazionalista che l'ha portata a primeggiare per via di uno spirito teutonico e non certo di interessi europei; le sue banche sfuggono al controllo della Bce.
Per cui di uniforme c'è solo il logo dell'Ue. Non ne parliamo poi di quei paesi del costone balcanico interessati dal processo di allargamento, che sta innescando un meccanismo su cui forse andrebbe utilizzata maggiore prudenza, al pari dei silenzi colposi di Bruxelles sulle mire neo ottomane di Ankara.
Cosa c'entra la Grecia? C'entra, perché il buco del 2012 si poteva chiudere con pochi miliardi di euro, invece si è scelto di prestarle 300 miliardi a tassi di interesse veramente da strozzo. E oggi che dopo l'uscita dalla morsa dei creditori internazionali, come dice Tsipras, si vede la fine del tunnel nei conti, la vita reale è fatta di strutture fatiscenti, poliziotti al limite e prevenzione inesistente.
Nessuno dice che la colpa dei roghi è dell'Ue, ci mancherebbe. Ma i tagli della troika e il desiderio di europeizzare tutto ciò che lambisce il Mediterraneo avranno certamente qualche fischio nelle loro orecchie.
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