"Contro di me razzismo e mancanza di rispetto". Così il calciatore turco-tedesco Ozil, annunciando l'addio alla nazionale tedesca, sventaglia la bandiera del razzismo verso se stesso, mentre non fa mea culpa per la foto che lo ritrae col presidente Erdogan in “gita” elettorale proprio in Germania.
Bene ha detto l'ex attaccante di Udinese e Milan, Oliver Bierhoff, coordinatore delle nazionali tedesche, secondo cui "forse avremmo dovuto considerare l'ipotesi di fare a meno di lui in Russia".
Il problema non è di razza, di religione o di attitudini sessuali serali, ma verte il rischio totalitarismo che sta piombando sull'Europa nel silenzio colposo di media e politica.
Il nuovo sultano 2.0, che mette al bando twitter e youtube, che proibisce riprese televisive quando scoppia un bomba o accade un incidente, che incita a non tingersi baffi e capelli in nome di una non meglio precisata devozione religiosa, che arresta e tortura chi non la pensa come lui, che impedisce a navi private di transitare nel Mediterraneo orientale, sta seminando il germe totalitarista grazie ad una politica volta al neo ottomanesimo che pare non conosca limiti.
Come quelli del buon gusto che ancora una volta ha travalicato con il giocatore in questione. Come quelli che non ha avuto nei confronti di armeni, ponti e ciprioti.
L'ex Real, ora all'Arsenal, temendo forse di fare la fine del suo collega Hakan Sukur, accusato di gulenismo e messo al bando, si difende così: “Capisco che tutto questo sia difficile da capire, e che nella maggior parte delle culture il leader politico non può essere pensato in maniera separata dalla persona, ma in questo caso è diverso. E al di là del momento delle elezioni io quella foto l'avrei fatta comunque".
L'Ue non riesce a porre un freno alle mille interferenze erdoganiane, non solo nei singoli paesi ma finanche nello sport, nella cultura, nel teatro, nel cinema, nelle abitudini che attengono alla libera autodeterminazione del singolo. In Turchia il Presidente ha sindacato persino sulla stagione teatrale dell'opera, cassando dal programma autori considerati troppo aperti e “pericolosi”, virando su un cartellone tutto turco e bacchettone.
Detto dei suoi strali contro magistrati, giornalisti, militari, politici è sugli sportivi che Erdogan ha fatto particolare attenzione, con le accuse di gulenismo anche verso il cestista 26enne Enes Kanter, centro degli Oklahoma City Thunder, nei cui confronti le autorità turche hanno spiaccato un mandato d'arresto.
Il motivo? Troppo vicino alla rete dell'imam Fetullah Gulen, considerato responsabile del tentativo di colpo di stato del 2016.
Ecco il rischio totalitarismo che l'Ue non calcola: la Turchia è di fatto una mina vagante, a breve dotata anche di una centrale nucleare, con la polemica sportiva che deve riportare con i piedi per terra un continente e le sue policies.
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