A 26 anni dalla morte di Paolo Borsellino molte domande restano ancora senza risposta. Che ruolo hanno avuto i media italiani nella ricerca della verità? La mafia è uscita dall’agenda politica? Parlano Morra (Fdi), Melilla (ex deputato di Art 1) e Mastri (Il Messaggero Abruzzo): la vergogna” di Stato commentata dalle teste abruzzesi.
STRAGE
19 luglio 1992: giornata amara per la legalità. Una Fiat 126 imbottita di tritolo, parcheggiata in via D’Amelio a Palermo, viene fatta esplodere al passaggio del magistrato Paolo Borsellino che perde la vita assieme a cinque agenti della sua scorta.
Da quel tragico evento sono trascorsi 26 anni e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ricordando l’episodio in una dichiarazione sul ventiseiesimo anniversario della strage, ha chiesto di non smettere di cercare la verità.
La domanda però sorge spontanea: i media italiani hanno fatto bene la propria parte? La mafia è uscita dall’agenda politica? Se ne parla a sufficienza?
MORRA
“Mattarella ha ragione nel dire che non bisogna smettere di cercare la verità - dice l'avv. Giandonato Morra, consigliere Fdi Teramo - I media? Non erano loro a dover fare la loro parte”. La mafia è uscita dall’agenda politica? “Si parla poco di mafia ed essa ha trovato nuovi canali di reclutamento, sta coinvolgendo altre figure professionali e ha una capacità di penetrazione nelle regioni in cui è sempre stata assente. È gravissimo che non sia nei primi punti dell’agenda politica di qualsiasi governo. La mafia non è soltanto viva ma anche subdola e pericolosa. In Abruzzo, in particolare nelle zone de L’Aquila e della Marsica”.
MASTRI
Dice la sua anche Paolo Mastri, capiredattore de Il Messaggero Abruzzo: “È difficile generalizzare un giudizio sul sistema dei media italiani. I media parlano a seconda delle loro sensibilità. Nella vicenda Borsellino e in generale sulla stagione delle stragi e la lotta alla mafia, molti organi di informazione si sono distinti per particolare attenzione e capacità investigativa autonoma, altri meno. Credo che l’appello di Mattarella si rivolga più che altro agli organi investigativi e giudiziari, dopo l’ultima sentenza sul delitto Borsellino e sulla strage di Capaci che ha chiaramente indicato depistaggi da parte di apparati dello Stato. Nel complesso bisognerebbe interrogarsi su chi ha fatto e come il proprio dovere”.
E ancora: “Premettendo che è sempre difficile generalizzare, ho idea che in questa stagione politica ci sia un rivoluzionamento delle priorità reali del Paese. Non credo che la mafia sia uscita dall’agenda politica, penso ci sia un interesse a gerarchizzare diversamente i problemi del Paese. Credo che le mafie stiano cambiando pelle e ci sia la dovuta attenzione investigativa in questo momento. Purtroppo quel che è uscito da tutta questa storia è l’agenda di Borsellino, ed è la cosa più grave”.
MELILLA
A Morra e Mastri fa eco l’ex deputato Gianni Melilla: “Mattarella fa bene a chiedere verità e giustizia. Il nostro Paese è pieno di misteri e depistaggi, a partire dalla strage di Portella della Ginestra e dai tanti attentati che hanno insanguinato le piazze, le stazioni di tante città italiane. Le mafie hanno una potenza di fuoco ed economica da far paura. Controllano gangli vitali dell’economia, con fatturati di centinaia di miliardi ogni anno. E dunque la lotta contro la grande criminalità è ancora centrale in ogni azione di governo che voglia perseguire i valori insopprimibili della legalità”.