E non ci voleva certo la zingara per immaginare che i teatini sarebbero partiti lancia in resta. Così è stato: appena appresa la notizia che il rettore della D’Annunzio Sergio Caputi ha intenzione di cambiare il nome dell’Università anteponendo al Vate e anche a Chieti-Pescara l’appellativo “Adriatica”, è partito l’apriti cielo.
Il primo a saltare sulla sedia Stefano Marchionno, presidente dell’associazione “Noi del G.B. Vico”, che riunisce gli ex studenti del liceo classico di Chieti che ha bollato l’iniziativa di Caputi come
“becero campanilismo volto a favorire solo ed esclusivamente una città in danno di un’altra”.
E rincara la dose così:
“Da oltre 3000 anni i cittadini teatini osservano non solo il mare Adriatico, ma anche la Maiella. Il, non vi è dubbio che l’appellativo “dell’Adriatico” faccia pensare più alla denominazione di uno stadio di calcio e non sia identificativo di un determinato territorio nel quale, grazie al quale, venne fondato il nostro Ateneo”.
Insomma, il timore dell’ennesimo scippo a vantaggio di Pescara:
“Non vorrei – aggiunge Marchionno – che il cambio di denominazione dell’università fosse il primo passo per il trasferimento in riva all’Adriatico dell’Ateneo”.
Subito dopo a prendere carta e penna è il consigliere regionale di Forza Italia di Chieti Mauro Febbo:
“La individuazione “Adriatico” coinvolge un territorio che va dal Friuli alla parte estrema della Puglia, cioè tutta la costa del Mare Adriatico con diverse regioni, mentre con “G. D’Annunzio” c’era la piena e totale individuazione dell’Abruzzo e poi del territorio “Chieti – Pescara”, che, peraltro, ha lavorato e fatto sacrifici per ottenere i risultati che ben conosciamo. L’individuazione di “Adriatico” sembra uno scivolamento verso la costa, che peraltro già cresce di per sé, ed un abbandono dei territori interni, collinari e montani di cui l’Abruzzo è costellato e che rappresentano una peculiarità imprescindibile”.
Insomma, anche Febbo teme uno “scivolamento” verso la costa.
Attacchi di campanilite acuta? Sicuramente, anche se pure gli studenti storcono il naso. E ieri sul sito Romboweb.com hanno voluto dire la loro:
“C’è da dire che ogni qual volta la nostra Università abbia cambiato nome lo ha fatto in forza di grandi cambiamenti. Questa volta invece tutto sembra passare in sordina e ancora non si avvertono le reali esigenze di una modifica del nome dell’università. Gli studenti si domandano se lo spirito di innovazione passi anche attraverso queste scelte e se procedure così poco discusse, prima che sentite, possano essere avvallate con tale facilità o superficialità. Dopotutto i problemi del nostro Ateneo risultano essere ben più reali rispetto ad una prospettiva ancora ignota come quella di un’università “adriatica”.
Ci si chiede quale visionario progetto possa giustificare tale scelta la cui bontà potrà rendersi nota solamente con il tempo. Non ci resta che sperare in un grande salto di qualità, sempre che poi non si riveli un salto nel vuoto”.
Ma c’è poi chi invita il Rettore a pensare alle cose serie, a cominciare dall’armadio murato dietro le pareti di una stanza del rettorato, alla famosa lettera di Del Vecchio in cui l’ex dg scriveva che era finito il tempo delle lauree regalate, e del silenzio assordante che ne è seguito.
E fin qui Chieti. C’è da dire che finora Pescara non si è accorta di nulla. Perché, come ha giustamente osservato Colapietra, è eternamente occupata a fare altro. Ma quando si sveglierà dalle sue notti bianche, dai suoi centri commerciali all’aperto, dalla movida della riviera e di via Battisti, e si accorgerà che Caputi ha attentato al Vate, partirà anche lei all’attacco del rettore col coltello tra i denti: guai, guai a toccarle D’Annunzio. Cosa le rimane sennò.
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