Che la storia dei fondi Ue mal gestiti in Abruzzo fosse una storiaccia, lo avevamo scritto da tempo. Troppo evidente questo elefante in gioielleria: un giorno o l'altro avrebbe fatto danni e vetri in frantumi. E così è stato.
Mortificante è, di contro, vedere che da un lato la politica europeista si riempie la bocca delle grandi opportunità presenti in Ue, ma poi quando bisogna passare ai fatti fa peggio degli euroscettici e manda in fumo milioni di euro tra tempistica sbagliata, progetti approssimativi e personale non all'altezza.
Utile ribadire, per gli smemorati, come ad esempio Francia e Germania abbiano da anni imboccato una strada opposta: formano una classe dirigente di euroburocrati nati per fare gli eurodeputati e non, come accade in Italia, dove troppo spesso a Bruxelles ci vanno i trombati delle politiche o delle regionali, o ex starlette in cerca di verginità politica che passano le giornate a twittare sul pastaday e poco altro.
E'proprio un altro mondo. Poi, certo, tedeschi e francesi di patacche ce ne rifilano eccome, ma questa è un'altra storia.
Qui serve evidenziare in grassetto come un ambito locale già in affanno per proprie deficienze strutturali, decide di affidarsi a chi dei fondi Ue fa mostra di infischiarsene.
Con tanti saluti allo sviluppo, alle tasse che vanno comunque pagate e a quanti nonostante tutto ogni mattina alzano la saracinesca della propria impresa. E maledicono questa politica, piccola piccola.
Modesta proposta: e se pagasse di tasca propria chi ha sbagliato sui fondi Ue in Abruzzo?
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