Il processo di Bussi, la cena prima della sentenza, il racconto dei giudici popolari, l’avvertimento lanciato dal presidente della Corte d’Assise Camillo Romandini ai giudici popolari, la notizia dell’assoluzione che il presidente della Regione Luciano D’Alfonso anticipò a Cristina Gerardis: di tutto questo si è parlato nel processo a Romandini davanti al Csm, tre giorni fa.
Importantissima la deposizione di Cristina Gerardis, all’epoca avvocato dello stato. La Gerardis ha confermato ciò che aveva detto davanti alla procura di Campobasso nel 2015. Ma la sua testimonianza ha suscitato frizioni e contrasti con il legale di Romandini.
A proposito della confidenza raccolta da D’Alfonso sulla possibilità che il processo finisse con un’assoluzione, poi risultata vera:
“Era preoccupatissimo, mi disse che la sentenza sarebbe stata di assoluzione. Sentirlo dalla voce del presidente della Regione, che era parte civile del processo, mi colpì molto. Poi venni a sapere che incontrò i pm Mantini eBellelli con Romandini e parlarono del processo.
D’Alfonso raccontò che Romandini aveva fatto delle valutazioni sulle qualità degli avvocati, dicendo che erano tutti bravi, ma che erano stati particolarmente efficaci gli avvocati degli imputati. Quando mi vide a Pescara, una mattina presto, il presidente era molto convinto nel dirmi che ci sarebbe stata l’assoluzione”.
Le risulta, le hanno chiesto, che prima della decisione su Bussi, vi fu una idea un’ipotesi di poter ricusare il collegio?
“No”
ha risposto Gerardis.
Poi il presidente l’ha incalzata sull’incontro nello studio dell’avvocato Dario Bolognesi a Roma, con i pm Mantini e Bellelli.
“I due pm ci dissero, appena entrati nello studio che era inutile che lavorassimo perché tanto era già tutto deciso. Dissero che lo avevano saputo da persona molto autorevole. “Più importante del ministro della giustizia”.
Dopo il processo cominciò il rapporto di collaborazione con D’Alfonso.
“Sì, lui mi fece sapere che cercava una figura autorevole per ricoprire il posto di direttore generale, una figura direttoriale sopra i direttori di dipartimento priva di poteri di gestione. Io gli dissi che avrei dovuto terminare il processo e chiedere l’autorizzazione dell’istituto di appartenenza”.
Il motivo della cessazione di questo incarico?
“Mbè, la verità è che era venuto meno un rapporto di fiducia, di benessere, di lavoro. Chiaramente io son andata via del tutto pacificamente, ho avuto altro incarico dal ministro Martina. Certo, è inutile nasconderselo, io non ero più contenta di stare lì, forse neppure il presidente con me. E’ stata una separazione consensuale”.
Il processo Bussi ha influito nella sua decisione di andar via?
“Sicuramente il processo di Bussi ha avuto ruolo negativo tra me e il presidente D’Alfonso. Ho giudicato in modo negativo il suo ruolo di cui abbiamo parlato prima, e successivamente io davo molta importanza a questo processo, durante le fasi successive all’assoluzione, io non ho avuto nessun tipo di appoggio o di sostegno morale o di considerazione da parte di D’Alfonso. Anche dopo la condanna, la mia soddisfazione non fu condivisa: accadde che D’Alfonso non fece il comunicato stampa sull’esito del processo, mi colpì molto. Scrissi io il comunicato, che uscì a firma di Mazzocca e Paolucci. Una questione così importante per il territorio avrebbe dovuto essere sottolineata dal presidente D’Alfonso”.
E proprio la cena che si tenne tra fine ottobre e primi di novembre 2014 tra Romandini e D’Alfonso, prima della sentenza di primo grado, è stata oggetto di una lunga disamina:
“Di questa cena – ha detto Gerardis – sono venuta a conoscenza successivamente, riferita dal presidente D’Alfonso ai procuratori Mantini e Bellelli in procura, non so con quali modalità. A me D’Alfonso aveva espresso solo la sua convinzione e timore per un esito negativo per noi. Mi aveva detto che lui aveva elementi certi per dire che gli imputati sarebbero stati assolti. Io ne sapevo ben poco ma quella notizia detta dal presidente mi preoccupò moltissimo”.
Alla testimone Gerardis la difesa di Romandini ha contestato la versione fornita opponendola a quella dei due pm del processo, Mantini e Bellelli, i quali affermarono di aver appreso da lei della cena Romandini-D’Alfonso.
Altro punto, l’incontro organizzato dal giornalista Luca Prosperi dell’Ansa con la Gerardis e i giudici popolari nella pizzeria della giurata Letizia Martini:
“Letizia, ricordo solo il nome di quella donna, era molto agitata, era in uno stato notevole di ansia. Mi disse che aveva un peso sulla coscienza e temeva che col suo voto avesse fatto qualcosa di ingiusto. Raccontò poi di una cena prima della sentenza di primo grado,alla quale partecipò con gli altri giudici nella quale Romandini le chiese se fosse consapevole che nel caso di condanna degli imputati le avrebbero potuto portar via tutto questo, alludendo al locale che gestiva col marito”.
ps: una brutta storia per Bussi e per l’Abruzzo.
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