Nel giorno in cui le roccaforti rosse sono solo un ricordo. E il Pd perde tutto il perdibile, Toscana, Emilia, Siena, Massa, Pisa, Imola, perde persino Terni il più antico avanposto operaio. Nel giorno in cui persino Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana dice che è un disastro.
Sceglie questo giorno il segretario regionale del Pd Marco Rapino per riemergere da un lungo stato comatoso che durava dal 3 marzo (salvo una brevissima incursione per sparare contro Salvini e Di Maio il 27 maggio scorso) e che gli aveva fatto glissare amabilmente e irresponsabilmente la richiesta di convocazione della direzione Pd presentata dagli aquilani: rinvii e ancora rinvii, giustificazioni e scuse, sperando di arrivare ai ballottaggi e di poter rivendicare almeno un risultato.
E così ha fatto: ieri mattina alle 10 il segretario ha postato su Facebook dieci righe per inneggiare alla vittoria di Gianguido D’Alberto a Teramo, una sortita talmente inopportuna che ha scatenato una lunga sequela di insulti mai letti prima. Non un commento a favore, non un plauso, se non qualche timida incursione di fedelissimi che hanno tentato di rispondere alle accuse più dure, ma senza successo. E a fine serata solo una cinquantina di like, segno che manco tutti gli eletti Pd lo hanno apprezzato.
E’ emblematico, quello che è successo ieri sulla bacheca di Rapino: se gli esperti di comunicazione fossero in grado di analizzare questo spaccato di vita politica, si chiuderebbero in casa a studiare come uscirne, cambierebbero strategia, capirebbero che gli algoritmi ti dicono che se continui su questa strada, alle prossime elezioni il Pd scomparirà.
“La vittoria di Teramo è frutto della partecipazione e dell’impegno di una vera squadra che, insieme a Gianguido D’Alberto, nuovo Sindaco di Teramo, ha messo in campo la vera passione per la politica – scrive Rapino – Il Partito Democratico, con il suo commissario Sandro Mariani e i suoi militanti, ha dato prova di quanto vale dare ai propri concittadini la possibilità di scegliere la migliore visione per il futuro, mettendo in campo forze giovani, competenti e determinate. Chi andrà a ricoprire il ruolo di amministratore avrà un compito enorme e difficile ma il loro coraggio, dimostrato mettendosi in gioco a 360° in questa difficile campagna elettorale, è la garanzia che ce la metteranno tutta”.
Eppure ai lettori non sfugge che D’Alberto è uscito dal Pd da quel dì ed è espressione di una lista civica, tutti sanno che il Pd è stato azionista di minoranza di questa avventura elettorale, al cui successo ha contribuito piuttosto un altro civico come Mauro Di Dalmazio, che viene da una esperienza intermedia di centrodestra, e tutti ancora ridono perché in campagna elettorale a Teramo è stato vietato al presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso di presentarsi, sennò altro che vittoria: insomma lo sanno tutti che ora dovunque vada, Dalfy distribuisce antipatia e sconfitte. E non è solo scaramanzia.
Insomma con questo clima, Rapino riemerge mettendo il cappello sopra la vittoria teramana. Ed è stato un apriti cielo.
“Segreta’ dal 4 marzo non hai detto una parola. Io avrei evitato di commentare la vittoria di Teramo. Passati la mano sulla coscienza e fai un passo di lato. Figurati sono vicesindaco e dirigente del PD e nemmeno ti conosco, non so che timbro di voce hai, figuriamoci i militanti”,
scrive Lorenzo Di Ninni.
Ancora più netta Giovanna Lilly Di Blasio:
“Non ha alcuna voce e nessuna autorità. Il Pd è allo sbando e quello regionale è di proprietà di D’Alfonso che con il suo comportamento ha dimostrato che tiene solo alle sue poltrone (che non molla) fregandosene di tutti”.
“Ah, secondo il segretario ectoplasma regionale ha vinto il Pd? Bah”,
commenta Giancarlo Zappacosta.
Pierluigi Filtro Cappello:
“Alle volte, il silenzio vale più di mille parole”
Roberto Neri:
Ma davvero riesci a scrivere post del genere dopo la disfatta nazionale? Neanche città come Pisa ormai sono più rosse…e tu gioisci per Teramo”
Usare la vittoria di Teramo per darsi “una lavata di faccia” significa che il vostro obiettivo è portare il Pd al 5%, la classe dirigente attuale si deve dimettere in blocco e dare spazio ad un nuovo gruppo dirigente, si potrebbero fare diversi nomi ma è essenziale in caso di ripetute sconfitte dimettersi!”
dice Giuseppe Cantelmi.
E tanti, tantissimi altri commenti, con inviti a dimettersi in massa, invito all’umiltà, convocazione di congressi.
Lui no, non risponde, lascia che lo facciano altri, ma i volontari alla fine sono solo due.
E poi alla fine persino l’assessore Silvio Paolucci a quanto pare scarica Rapino: al Pd serve un capro espiatorio, qualcuno da immolare sull’altare della sconfitta. Serve una testa da dare in pasto agli scontenti. Ma anche questo è un altro bluff: Rapinoha una colpa, gravissima, è stato un segretario inesistente, nelle mani di Luciano D’Alfonso e dei suoi fedelissimi.
Ha una grave responsabilità: si è prestato a mettere in scena una piece che conteneva l’inganno più subdolo che si potesse orchestrare, e cioè quello del rinnovamento. Infatti ha prestato la sua immagine e la sua faccia di giovane mettendola al servizio di un rinnovamento che non c’è mai stato: dietro le quinte, ma anche davanti, sono rimasti sempre loro, i vecchi, a fare il bello e il cattivo tempo e a decretare la sconfitta del Pd dovunque sia stato possibile perdere.
La sua colpa è quella di non aver mai dimostrato un briciolo di autonomia: far saltare la sua testa e lasciare al proprio posto tutte le altre sarebbe solo fumo negli occhi.
ps: Ma per l’istinto di sopravvivenza che li contraddistingue, per l’amore delle poltrone, purtroppo i vecchi sono capaci anche di questo.
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