Più poteri al sultano, meno controlli e contrappesi, schizofrenia finanziaria legata alle iperbole sulla lira turca e tanta instabilità nel Mediterraneo orientale.
Sono i frutti della chiacchierata vittoria elettorale del Presidente turco Erdogan, non solo vincente nelle urne (al netto delle varie accuse di brogli) ma di fatto nuovo imperatore del paese grazie a poteri sconfinati. Sportivi e giornalisti sono già in attesa di altri strali, visti i precedenti degni di un regime sudamericano d'altri tempi.
"La competizione non è stata equa, ma accetto che Erdogan ha vinto" ha scritto Muharrem Ince, il suo competitor, in un messaggio WhatsApp diretto a un giornalista del canale tv Fox anche se il 52,5% dei consensi di Erdogan è stato contestato. Ma al di là dei singoli episodi, su cui le celere ed efficiente magistratura turca farà certamente luce, ciò che resta è il dato politico.
Si rafforza un sistema di potere e consenso che è passato indenne da due forche caudine: il mega scandalo del 2013 in cui fu coinvolto mezzo governo e anche il figlio di Erdogan, e il golpe farlocco del 2016 che consentì al leader di poter poi avallare la tanto contestata riforma presidenziale con poteri sconfinati.
Due momenti focali, che danno la cifra di come sarà composto il nuovo esecutivo con la priorità all'economia, dopo il crollo della lira turca che negli ultimi due mesi ha perso il 20% anche grazie alle fughe in avanti di Erdogan. E con lo sguardo, terso, verso il gas del Mediterraneo orientale dove, anche in assenza di appigli legislativi, Ankara avanza pretese sul gas di Cipro nel silenzio colpevole e mortificante dell'Ue.
Non è colpa del ladro che ruba, ma forse del poliziotto che non glielo impedisce, si diceva un tempo. E l'Italia? Non si sa ancora quale sarà la direttrice imboccata da Moavero Milanesi, ex uomo di Monti ma dal forte ascendente verso il Presidente Emerito Giorgio Napolitano.
Certo è che Roma fa buoni affari con la Turchia, ma la vicenda della marcia indietro della Marina Italiana dopo le minacce di Erdogan alla nave Saipem dell'Eni è una macchia difficilmente cancellabile (nell'onore, prima che nei contratti).
Sul tavolo, quindi, resta la strategicità di Ankara come partner privilegiato di Mosca e Teheran, la contrapposizione con il modello democratico tanto caro a Bruxelles e con il rischio che la corsa al nucleare veda ora un Erdogan più rafforzato e quindi nel mirino di Israele.
Con tati saluti alla stabilità del Mediterraneo orientale.
twitter@ImpaginatoTw