Santa Sofia, la clava religiosa per l'ultima provocazione di Erdogan: la vuole moschea


A un anno dal colpo di stato (farlocco?) la Turchia gioca ancora la carta dell'ultra ottomanesimo, in barba all'Unesco


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
26/06/2017 alle ore 20:07

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Ha scritto Giuseppe Ungaretti in 'Italia' “Sono un frutto di innumerevoli contrasti d'innesti maturato in una serra”. Chissà se il padre padrone della Turchia ha mai avuto occasione di leggere questi versi, o quantomeno un qualcosa che si avvicini al concetto stesso di pluralità e diversità.

Non si arresta la deriva autoritaria e monoidentitaria del presidente turco Erdogan, che ad un anno esatto dal colpo di stato (farlocco?) che gli ha permesso arresti e violenze gratuite, ha avallato l'ennesima provocazione: ha permesso, in diretta sulla tv di stato, la lettura del Corano e la preghiera all'interno di Santa Sofia a Istanbul, che è patrimonio culturale dell'Unesco mentre, come più volte detto dallo stesso regime turco, Ankara intende trasformarla in moschea. Era dai tempi di Kemal Atatürk che ciò non accadeva: giusto per rendere l'idea di cosa significhi, in concreto, l'evoluzione del potere sotto Erdogan.

Nel 2014 un semisconosciuto deputato indipendente della circoscrizione di Burdur, Hami Yildirim, depositò una mozione al parlamento turco per la trasformazione di Santa Sofia di Costantinopoli da museo in moschea. La basilica di Santa Sofia è da tutti conosciuta come un capolavoro architettonico, simbolo della cristianità unita, costruita dall'imperatore Giustiniano nel 537 d.C.

La mossa rientra nel progetto dell'Akp, il partito di governo, per recuperare i voti di molti musulmani turchi e continuare a dare a Erdogan potere religioso infinito. Il Patriarcato ecumenico si era detto anche contrario al "baratto" con l'apertura della Scuola teologica di Chalki. Ma il problema è che, da un lato in occidente si pensa troppo ai gasdotti sminuendo i problemi di natura identitaria e religiosa, mentre in Turchia chi parla viene arrestato. E Nato e Ue girano, de facto, la testa altrove.

E'da un lustro ormai che Santa Sofia è stata messa nel mirino della corrente più integralista del Paese, come dimostra la ripresa dei festeggiamenti a maggio per la conquista di Costantinopoli da parte dell’Impero ottomano, ricorrenza che era stata bandita dopo il colpo di Stato del 1960. Inoltre nel 2009 un museo dal titolo «Panorama 1453» è stato edificato dinanzi alle mura bizantine. Il motivo? Il tentativo di stoppare la corrente kemalista, ispiratrice del cosiddetto laicismo aconfessionale. A ciò si aggiunge anche una furbata del regime: la preghiera islamica che viene praticata per ogni anniversario, si compie proprio davanti a Santa Sofia ma con l'obiettivo velato di ottenere l'utilizzazione del museo come moschea, almeno due volte alla settimana.

Il gesto giunge nei giorni in cui Roma ospita l’Assemblea Interparlamentare dell’Ortodossia (IAO), organizzazione politica che opera dal 1993 e che ha sede al Parlamento Ellenico ad Atene. Nata per iniziativa di parlamentari di Russia e Grecia, può vantare oggi la partecipazione di delegazioni e gruppi parlamentari da più di venticinque paesi. L'obiettivo dell’organizzazione è quello di sviluppare un'attività politica e culturale che promuova contatti e relazioni tra i paesi; di fornire una piattaforma di lavoro che analizzi i fenomeni politici del nostro tempo; di mettere in rilievo gli elementi del cristianesimo ortodosso che hanno un impatto positivo nella comprensione reciproca tra le culture.

L'esatto contrario di ciò che il regime di Erdogan sta mettendo in pratica. Tra pochi giorni saranno trascorsi 12 mesi dal tentativo di colpo di stato andato in scena in Turchia lo scorso anno, la cui unica conseguenza è stata la straordinaria stagione di violenza armata dello Stato, che ha permesso a Erdogan di arrestare e licenziare giornalisti, magistrati, avversari politici, docenti universitari e militari, senza dimenticare il folle negazionismo turco che non fa marcia indietro.

Un bagno di sangue da un lato e la repressione di neuroni (non più liberi) e cittadini dall'altro. Negli anni in cui tutti si spellano le mani per incensare le spiagge dog friendly e i diritti (legittimi, per carità) degli animali, sconvolge l'assoluto silenzio delle istituzioni dinanzi alla morte della democrazia che è caposaldo dell'umanità, a sole un paio di centinaia di miglia nautiche da casa nostra.

 

twitter@FDepalo

 

 

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